Gli alpinisti: artisti, scienziati, dilettanti di ginnastica e snobisti
Il secondo capitolo descrive le varie tipologie di alpinisti, definizioni bizzarre che oggi fatichiamo a ritrovare come l’artista, lo scienziato, il curioso e il dilettante di ginnastica. Poi c’è lo snobista, una nuova tipologia di soggetti molto invisi all’autore. Per completare le classificazioni segnalava:
“tra gli scienziati abbiamo gli erboristi che fanno delle razzias terribili nei pascoli alpini; gli entomologi che operano delle vere ecatombe d’innocenti animaletti; i geologi sempre in giro a scandagliare il terreno, a frugare, a raccogliere ciottoli, minerali o cristalli cercando con ogni sorta di astuzie di far parlare la materia inorganica e rendere palese la sua storia. E gli astronomi, e i sacerdoti della glaciologia e dell’astronomia (…) ma ecco l’alpinista tutto di un pezzo, l’excelsiorista, dalla statura alta e snella, dai muscoli d’acciaio, dal viso pavonazzo bruciato dal sole, e dagli occhi avvezzi a spianare nell’immensità dei panorami”.
Da queste classificazioni l’autore incarna poi il vero alpinista, coglie tutte le caratteristiche intime e dichiara come nevrotico il tempo in cui molti si definiscono tali senza comprendere fino in fondo il significato utilizzato troppo spesso alla leggera o superficialmente.
“Chi non è stato alpinista non sa cosa significhi la parola alpinista. Per i profani, qualunque persona che viaggi sui monti è un alpinista”.
Critico fino al midollo, si dileggia a definire i vari requisiti del vero alpinista. Dovremmo un po’ tutti rivedere questo capitolo per farci un piccolo esame di coscienza. Possiamo definirci davvero alpinisti?
Oltre alle caratteristiche fisiche è interessante sottolineare alcune caratteristiche morali se così le possiamo chiamare. Mette in guardia dal voler essere alpinisti per moda, perché così fan tutti o per emulare gesta di qualcuno. Tra tutte le varie raccomandazioni una mi è sembrata molto calzante e interessante da tenere sempre presente:
“Si abbia sempre il prudente coraggio di voltare le spalle quando è indispensabile”.
Avere il coraggio di tornare indietro, di capire che non si è nelle condizioni fisiche o psicologiche o ambientali per continuare una sfida. Non è da tutti. L’autore ci torna su molte volte sottolineando in vari passaggi quanto l’umiltà della rinuncia non sia una sconfitta ma una qualità.
Si cammina coi muscoli, si corre coi polmoni e si arriva col cervello
Sempre parlando di alpinisti un altro elemento che mi ha colpito e credo estremamente importante è legato all’allenamento, fa una lunga descrizione delle varie forme di allenamento fisico, respiratorio, fatto sempre per gradi e si sofferma sul neofita. Andando per montagne quotidianamente si possono vedere tante persone che si improvvisano escursionisti se non addirittura alpinisti senza avere un benché minimo riguardo per il proprio corpo e l’ambiente circostante.
Pensando ai neofiti Brocherel suggerisce:
“Per i neofiti l’allenamento non è sufficiente, ma occorre un noviziato e sotto la direzione di guide o di compagni già rotti ed esperimentati a tutti i pericoli dell’alpinismo.” Parole sagge molto spesso dimenticate, il Soccorso Alpino ne sa qualcosa.
Chiudo questa breve riflessione sul secondo capitolo ricordando due cose, a mio avviso fondamentali:
“Il sonno non dev’essere né pesante né agitato, né penoso, e deve durare da sette a otto ore; dev’essere ristoratore. L’appetito non deve attenuarsi ma acuirsi sempre più”.
Da insegnante yoga mi ritrovo pienamente in queste raccomandazioni, ascoltare il proprio corpo e assicurare il giusto riposo, nutrimento e attenzione è la misura giusta per poter assolvere a quello che è il precetto maggiore:
“Si cammina coi muscoli, si corre coi polmoni e si arriva col cervello”.
Nei capitoli successivi vi sono delle considerazioni sull’età migliore per dedicarsi all’alpinismo, ovviamente l’allungamento della vita, la medicina che ci aiuta nella prevenzione e la tecnologia che fa da supporto a tutto il resto rende questo capitolo obsoleto anche se alcune considerazioni sono davvero interessanti, una per tutte la necessità di essere celibi/nubili per fare escursioni impervie. Il rischio è sempre in agguato e alla riflessione se un eventuale scelta possa portare dolore eccessivo in chi rimane viene posta. È il dilemma di Bonatti che ha rinunciato ad avere figli suoi per non dover rinunciare alla montagna, la stessa cosa ha fatto anche il mio caro amico di arrampicata Corrado, non è mai tornato indietro a questa sua scelta, la montagna non era per lui rinunciabile in alcun modo.
Salto a piè pari tutti i capitoli dedicati all’abbigliamento e agli accessori chiamati arredamento. Oggi siamo anni luce da tutti quei materiali, è interessante però trovare tutte le motivazioni per cui preferire la lana al cotone o il pantalone sotto il ginocchio al posto di quello lungo.
Viene dedicato molto spazio a queste faccende evidentemente salienti nel momento in cui si doveva iniziare un’escursione sia estiva che invernale. Come ogni vero manuale vi sono dettagli molto precisi per condurre per mano chi non è avvezzo al tema.