Racconto

Amir e Noa

testo e foto di Andrea Nosella

10/11/2018
5 min
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Amir
In Val dei Cantoni non c’era nessuno, solo una coppia di escursionisti sul sentiero che scaricava sassi.
Amir abitava la pianura, un quartiere chiamato “il Bronx”, villette ordinate e palazzoni marci di muffe e acqua piovana, immigrati e qualche spacciatore di vecchia data.
I figli di Amir giocavano a calcio in strada, sangue e asfalto si mescolavano, sguardi al cielo e il pensionato schizzato che tagliava il pallone quando finiva nel suo giardino.

Noa
Noa era un incontro su FB, in una pagina dove si postavano immagini e relazioni di trekking.
Amir aveva commentato un’escursione sulle Pale di San Martino, forse cima Stanga.
Un giorno Noa chiese l’amicizia ad Amir: grazie mille le sue parole e un’emoticon, un pianoforte e due pupazzi, uomo e donna.
L’uomo suonava il pianoforte e la donna appoggiata sul piano ascoltava, un cuoricino volteggiava nell’aria.
Amir sorrise.

Amir
Passo Travignolo, Amir stava andando al Cimon della Pala, un nome da sempre nascosto nel suo zaino, quando leggeva le relazioni della salita per la via normale si concentrava sulla difficoltà AD max III+ e rinunciava.
Amir incontrò tardi la montagna.
Le Pale di San Martino erano la sua malattia, non aveva amici che amavano la montagna, quando poteva, andava con il figlio e per le uscite strane chiamava Eric una guida.
Ogni mese risparmiava e metteva in un libro i soldi per i suoi sogni strani, il Cimon della Pala era da sempre nell’aria.
Amir aveva cinque figli e si stava inselvatichendo, leggeva solo montagna, aveva mollato gli abiti firmati, i suoi amati libri di storie irlandesi, cinesi e arabe.
Chiedeva permessi al lavoro per andare a vedere tramonti, girava con un moschettone appeso ai jeans, ricordo della sua prima cima da uomo: la Pala di San Martino.
Amir iniziò a frequentare la montagna in solitaria, studiava i percorsi su internet, non sapeva leggere le cartine, sbagliava sentiero, a volte anche la cima.
Tuttavia per lui non era importante, bastava camminare per i boschi, sui ghiaioni e nel fango.

Noa
Noa era sempre in montagna, le foto parlavano di cime lontane, impossibili per Amir, dislivelli pazzeschi fatti durante la giornata.
Noa apprezzava i commenti di Amir, lei non mostrava mai il suo volto, nascosto dal riflesso del sole, dal giubbotto, solo gli occhi e il ciuffo nero dei capelli.
Amir pensava.

Amir scriveva poesie raccoglieva parole dai sassi, le foglie, nell’aria e scriveva.
Noa era sempre in montagna, le foto parlavano di cime lontane, impossibili per Amir.

Amir
Bivacco Fiamme Gialle, si avvicinava il famoso “Bus del Gat”, uno stretto foro alla fine di una piccola caverna, per poi iniziare la parte più difficile.
C’erano neve e nuvole che rendevano la salita inquietante, Amir pensò alla sua famiglia, al sogno che aveva fatto, una tormenta di neve con la montagna che non voleva farsi fotografare.
La paura s’impadronì della mente, i muscoli si fermarono impotenti davanti a una roccia, sentiva la voce della guida, ma non vedeva nulla.
Amir scriveva poesie raccoglieva parole dai sassi, le foglie, nell’aria e scriveva.
Amir era stato un tossico, dieci anni buttati nel cesso di bar e stazioni, sentieri sporchi di sangue, sesso e solitudini estreme.
Quand’era “ bocia” dei ragazzi avevano riso del suo volto, da quel giorno era iniziata la lenta inesorabile discesa all’inferno.
Amir aveva conosciuto tante donne prima di incontrare la sua sposa, ma un bambino non dimentica mai il primo dolore.
Noa nascondeva il suo volto.

Noa
Amir pensava a Noa, a quello che nascondevano quelle immagini, la solitudine e il dolore che svanivano lassù tra le sue montagne dov’era libera di sorridere amare e sognare, di gridare la sua gioia, prima di ritornare nel mondo dove tutto era diverso.
Amir non aveva mai chiesto nulla.
L’unica cosa che sapeva era che da bambina sognava di diventare una trapezista.
Amir un giorno sparì da FB, pensava troppo a Noa, sentiva che stava percorrendo un sentiero pericoloso.
Non fu una cosa semplice, non voleva ferirla, Amir spense il computer e il silenzio ferì il suo sguardo.
La piccola Noa e suoi pupazzetti animati, Noa che credeva alle suggestioni del vento, Noa e la vita nascosta dove nessuno sa, Noa e quel sorriso guardando il cielo.
Amir era arrivato all’anticima del Cimon della Pala.
Abbracciò Eric, la guida.
Salutò sua moglie, i figli e la piccola Noa.
Una preghiera.
Amir rotolò tre volte lungo il sentiero.
Eric lo fermò prima di precipitare nel nulla.

Amir e Noa
Amir incontrò la montagna che era quasi vecchio.
Amava Pale di San Martino.
Noa conosceva ogni cima.
Viveva in alto tra vento e neve.
Nelle foto mancava il volto.
Nascosto dal sole, il giubbotto, la mano.
Amir sentì il dolore, sogni bruciati, solitudini pesanti.
Noa lassù era libera.
Amir scriveva parole, Noa leggeva.
Amir voleva cancellare il silenzio nascosto nel suo sguardo.
Ma conosceva solo parole.
Non s’incontrarono mai.
Amir e Noa.
Erano due respiri dietro uno schermo.
Senza l’odore della carne.

Andrea Nosella

Ho una scrittura incomprensibile, cammino e scrivo, lavoro in una farmacia e scrivo, sono sposato e scrivo, a volte mi perdo poi ritorno quasi sempre, ho 5 figli e scrivo, scrivo anche i miei sorrisi.


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