Che poi è quello che i miei hanno speso per la retta universitaria del MIT. Ho scelto di specializzarmi in astronomia e per questo sono rimasto fuori dai lavori sull’Evento. L’Evento è il nome che noi scienziati diamo alla scoperta delle onde gravitazionali nel 2015. Come ho detto, davo tutto per la Scienza. In realtà anche gli astronomi hanno fatto rilevazioni utili per avvalorare la significatività dell’Evento, ma questo è successo a cose fatte, quando l’articolo era già stato pubblicato e tutto il mondo acclamava a gran voce la prima grande scoperta scientifica in astrofisica dopo più di cinquant’anni di silenzio. Insomma, né io né i miei colleghi dell’Osservatorio astronomico abbiamo potuto provare quell’adrenalina che ci avrebbero descritto più tardi Mark e gli altri, che procedevano ai lavori mentre ancora nessuno al mondo, se non loro, sapeva che le onde gravitazionali esistessero davvero e che Einstein aveva sempre avuto ragione.
Quel tipo di adrenalina si prova una volta nella vita e solo se hai avuto quel tipo di fortuna lì. Dopo decenni di duro lavoro uno può trovarsi nel team fortunato oppure in panchina a fare i lavori di finitura sui goals dei compagni della famiglia allargata, gli astrofisici. Beninteso: il calcio non mi è mai piaciuto. Però serve a spiegarvi a quale tipo di fortuna la mia carriera professionale mi ha sottratto.
Torniamo al mio amore per Lei: fra i miei colleghi in pochi non avrebbero dato un rene per partecipare al team di lavoro per l’Evento, il mitico E 350. Non solo per mettere il proprio nome nell’articolo, nome che sarebbe rimasto nella storia della scienza per decenni, ma per provare l’adrenalina. Per vedersi restituito in un attimo l’amore che Le si è dedicato tutta una vita. Per questo quel lunedì mattina la ragazza dal viso sbarazzino, ciocca fuori posto e maglietta bianca semplice, un po’ assottigliata sui seni, con aria combattiva da dragone spettinato, provocò in me una rivoluzione copernicana. Se me l’avesse detto il mio collega del LIGO, il rivelatore per onde gravitazionali, non ci avrei dato peso. Fra noi scienziati serpeggia da tanto il malcontento sulla questione ambientale e molti, per di più, hanno accesso diretto ai fondi stanziati dal governo. Ma il malcontento ha ottenuto nel tempo una facile accettazione consensuale, al punto che ormai non se ne parla più. Non dico che non ce ne sia motivo, ma, voglio dire, noi studiamo il cielo Dio santo. Non le libellule.
È vero, nessuna cifra spesa per gli osservatori astronomici o per gli interferometri è stata mai spesa nelle scienze ambientali. Nessuna sfida al più forte fra i potenti del mondo si è combattuta tra i laboratori naturalistici, ma nello spazio. Però quanto è affascinante lo spazio? Se non avessero investito miliardi di dollari per VIRGO e company non conosceremmo così nel dettaglio fenomeni distanti anni luce. Fenomeni così distanti che ci sono costati venticinque anni di lavoro sulla miglioria delle apparecchiature per rilevarli. Notte e giorno. Pasti inclusi. Reni anche.