Io e il mio amico Federico siamo sulla Marmolada con zaino e ramponi, pronti a goderci una bella giornata. Il ghiacciaio è ancora lontano quando sentiamo l’urlo. Il più velocemente possibile ci avviciniamo e vediamo un ragazzo vestito in modo strano che sta seduto sulle rocce con la faccia tra le mani.
«Perché qualunque cosa faccia le cose non migliorano! E’ tutta colpa mia! Il presidente Lennon…»
«Ehi! Tutto ok?» gli chiedo.
«No, ma voi di questa realtà distorta non potete capire!»
Lancio uno sguardo al mio amico e vedo il suo sopracciglio che si alza dubbioso.
«E’ successo qualcosa al tuo compagno di cordata? Chiamiamo l’elisoccorso?»
«Ma no, non capite! I ghiacciai stanno sparendo… ed è colpa mia, ma non volevo. NON VOLEVO!»
I suoi occhi cominciano a farsi lucidi.
«Una volta tornato nel mio tempo», le labbra di Federico si muovono a formare nell’aria le parole “nel mio tempo” con il sopracciglio sempre più in alto, «mi sono accorto di cosa avevo combinato: un mondo distrutto! E’ colpa MIA! Mi sono subito immaginato che la polizia temporale mi stesse dando la caccia e sono scappato».
Alla parola “polizia” mi irrigidisco.
Il tizio sembra proprio fuori di sé, ma mia madre dice sempre che i matti vanno assecondati e il poveraccio è chiaramente uscito di senno, ma forse calmandolo…
«Ehi amico, siediti. Vuoi un cappello? Fa freddino qui in montagna e sei con abiti… ehm… leggeri. Dai raccontaci, cosa ti è successo?»
Fortunatamente si tranquillizza un po’, quasi contento di poter parlare.
««L’8 dicembre era il mio trentesimo compleanno e per festeggiare decisi di tornare indietro di 150 anni per vedere di persona il mio idolo: il presidente Lennon. Così mi catapultai nella New York del 1980 quando Lui era agli albori della sua carriera da attivista per la salvaguardia del mondo, cosa che di lì a qualche anno lo avrebbe portato a diventare presidente degli USA. Nel tardo pomeriggio andai verso il palazzo The Dakota in Central Park dove abitava. Sapete? E’ proprio lì che firmarono il protocollo per l’eliminazione della plastica, ma suppongo che a voi non dica nulla… Beh, dicevo… lo vidi da lontano che stava firmando un autografo, era bellissimo e giovane nel suo cappotto scuro. Il mio sogno si era avverato; avevo visto il mio mito: John Lennon. Quando arrivai al palazzo Lui era già lontano. Mi avvicinai al ragazzo che teneva in mano il nuovo album Duble Fantasy appena autografato.
«Ehi ciao! Fantastico! Bello l’autografo!» dissi al ragazzo che mi guardò un po’ di traverso, forse i miei vestiti…
«Eh sì, ero già stato qui una volta, ma non ero riuscito a… » disse il giovane. Sembrava un po’ strano, ma lì per lì non ci feci caso.
«Ed anche questa volta non sono riuscito… » disse sconsolato.
«Ma come?» chiesi io. «Non ti ha fatto l’autografo?»
«L’autografo? Ah sì, certo, ed un fotografo ci ha anche immortalato!»
«Wow! Super! Piacerebbe anche a me, ma non posso».