Maffe da buon fisico analizza razionalmente la realtà e mi chiede il senso di procedere in cordata su questo tipo di terreno dove è difficile sistemare protezioni tra i membri della cordata. Logica vorrebbe che fossimo slegati e che ognuno procedesse per conto proprio, in modo che la caduta di un singolo non inneschi quella di tutta la cordata. Razionalmente dovrebbe essere così, ma penso che la corda in queste situazioni non sia un mero strumento tecnico. L’esser legati è anche il simbolo tangibile del vincolo che si instaura tra i compagni di salita e credo che abbia un’importanza decisiva nella percezione della salita e della sicurezza.
Alle 8.30 raggiungiamo la cima, piantiamo le picche nella neve dura e ci assicuriamo. Vedo dalle espressioni di Maffe e Frank che sono contenti, pacche sulle spalle e gran sorrisi. Ce l’abbiamo fatta, un gioco da ragazzi!
Qualche pensiero
La gita non poteva andare meglio, tutto è filato liscio e siamo stati tutti e tre molto contenti. Abbiamo raggiunto la cima e per farlo abbiamo attraversato ambienti molto belli, senza incontrare mai troppe persone. La cavalcata sulla cresta di ghiaccio è stata la ciliegina sulla torta. Sono anche molto contento per Maffe e Frank che hanno salito il primo 4000 e per la prima volta si sono legati in cordata su un ghiacciaio. Forse qualcuno avrà mugugnato osservando la nostra cordata un po’ sgarrupata, ma a me non è importato. Siamo sempre proceduti in sicurezza e avevamo con noi il materiale necessario. Non bisogna essere alpinisti esperti per affrontare questo tipo di terreno, bisogna però avere una buona dimestichezza della montagna in senso lato, conoscere l’ambiente glaciale e percepire ciò che ci sta intorno senza avere la presunzione di avere tutto sotto controllo.
Da qualche tempo ho deciso di salire almeno una cima all’anno che richieda di affrontare un grande ghiacciaio. Lo faccio perché per chi ama la montagna, l’alta quota è un mondo incredibile e diverso. Dove i ghiacciai dominano il paesaggio valgono regole strane da quelle cui siamo abituati. Ciò vale innanzitutto per il mondo naturale poiché i processi fisici e gli ecosistemi glaciali che da essi dipendono sono del tutto diversi da quanto si osserva a quota più bassa.
I ghiacciai sono però speciali anche rispetto alla frequentazione della montagna. Per affrontarli è necessaria una certa familiarità. Bisogna avere un minimo di preparazione tecnica sull’uso dei ramponi, della picca e della progressione in cordata, e bisogna saper leggere il ghiaccio. Si deve avere la consapevolezza del percorso più sicuro, valutare le condizioni, individuare i crepacci coperti. Insomma, camminare su un ghiacciaio non è mai come camminare su un sentiero, anche considerando quelli più placidi.
Quando ci si ferma per legarsi e calzare i ramponi prima di montare sul ghiaccio, è come se varcassimo una soglia che introduce in un altro mondo. Simili rituali si affrontano anche prima di arrampicare, ma in quel caso non si percepisce uno stacco così netto tra il mondo orizzontale e quello verticale. I contrasti del mondo glaciale sono davvero unici. Inoltre, c’è anche da considerare che queste gite richiedono almeno 2-3 giorni, lo studio dell’itinerario, un minimo allenamento. Insomma, sono piccole avventure che danno grande soddisfazione.
Vi è infine un ultimo motivo che mi spinge a visitare e percorrere i ghiacciai delle Alpi. Tra pochi decenni molti di essi saranno scomparsi. Gli unici che hanno una qualche possibilità di allinearsi al nuovo regime climatico sono proprio i ghiacciai alpini che si sviluppano alle quote più alte, come quelli del Monte Rosa. Solo oltre i 3000-3500 metri la neve continuerà ad accumularsi anno dopo anno, alimentando i bacini glaciali. Tanti gruppi alpini di media-montagna hanno già cambiato volto proprio perché i ghiacciai di quelle montagne da decenni sono privi di un bacino dove la neve si accumuli e molti di essi sono inevitabilmente scomparsi.
Questi cambiamenti, in virtù di temperature rigide per buona parte dell’anno, si notano meno sulle cime più alte delle Alpi, ma so che anche questi ghiacciai tra una trentina di anni saranno diversi rispetto ad oggi. Sicuramente saranno ancora grandi ghiacciai, ma probabilmente frammentati, assottigliati e con ampie aree di ghiaccio vivo affiorante già all’inizio della stagione estiva.
Il glacialismo sta abbandonando le Alpi, solo pochi gruppi manterranno dei ghiacciai degni di nota alla fine del secolo. Affrettatevi! Vivere e osservare i ghiacciai alpini del presente non è importante solo perché domani non sarà più possibile farlo, ma anche perché vedere con i propri occhi i cambiamenti che avvengono sulle montagne è fondamentale. Averne consapevolezza è un primo e importantissimo passo.
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L’escursione si è svolta il 18-19 luglio 2020
foto:
1. In vetta!
2. Il Breithorn Orientale è il primo 4000 ad apparire tra le nubi durante la lunga salita al rifugio.
3. Dalla cima del Castore grandiosi ghiacciai a perdita d’occhio. Siamo davvero a poche ore da casa? Non ci sembra vero.