Intervista

PRENDERSI CURA DELLE MONTAGNE

Intervista a Teddy Soppelsa, fondatore di altitudini, nel decennale del Blogger Contest: "La letteratura di montagna deve reagire e raccontare come la montagna sta cambiando."

a cura di Eva Toschi

12/12/2021
8 min

Come molti di voi ormai sapranno, quest’anno altitudini e il Blogger Contest compiono 10 anni. Un piccolo ma importante traguardo che premia l’intuizione e la costanza di chi, in questi anni, è riuscito a far incontrare e amare tante storie e con loro le persone. Eva Toschi ha colto l’occasione per porre a Teddy Soppelsa, anima di altitudini, alcune domande che ci portano a riflettere sul presente e sul futuro della scrittura di montagna. Ne è uscita una bella intervista, pubblicata alcuni giorni fa sul sito mountainreview.it, che riprendiamo qui integralmente e ringraziamo Eva e MountainReview per la cortese concessione.
la redazione di altitudini

Risulta difficile, per lui imbarazzante, scrivere di Teddy Soppelsa, del suo essere motore di questo progetto che in questi anni è diventato grande (non nel senso di ingrandito, ingrassato, debordato ma, al contrario, maturo, concreto, pertinente) come l’accogliente casa di molti (Eva compresa) ma questo ci è dovuto. Non fosse altro per riconoscere al nostro indiscutibile amico il ruolo di riferimento che gli dobbiamo. Per altitudini, per le dieci edizioni del Blogger Contest, per le tante e non elencabili cose preziose che Teddy ha fatto per le sue e nostre montagne di mezzo. Difficile ma non impossibile.
Davide Torri, editor di altitudini

≈ Teddy, quanto conta per te leggere il racconto delle esperienze altrui? Quanto ti motiva a fare quello che fai, in montagna e nella vita?

Se parliamo di racconti, almeno quelli che pubblichiamo su altitudini, è bene fare una premessa e distinzione tra i racconti “dal vero” e i racconti “di finzione”.
Nei racconti “dal vero”, quando l’autore non si limita alla semplice esposizione dei fatti realmente accaduti, ma la cronaca della sua esperienza viene utilizzata per fini letterari (per offrire ai lettori un contesto reale di emozioni, sensazioni, stimoli, colori e suggestioni), si entra nella sfera dell’empatia, cioè la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” ed è a questo punto che il racconto diventa fonte d’ispirazione, ma anche di apprendimento, attraverso le esperienze degli altri che diventano nostre, un collante sociale che unisce le persone.
Nel racconto “di finzione” invece il meccanismo di ispirazione e apprendimento è ancora più potente perché, paradossalmente, ci permette di vivere per davvero le storie che leggiamo; infatti, ci spinge ad andare oltre il vero. “La verità è più strana della finzione, ma è perché la finzione è costretta ad attenersi al possibile; la verità no.” (da una citazione di Mark Twain).

In un caso o nell’altro, leggere un bel racconto mi porta a trovare delle conferme ai miei pensieri, più che cercare in quelle righe nuove idee o esperienze da ripetere. E così accade che quando poso il libro sul comodino o chiudo il rettangolo luminoso che lo contiene, è forte il desiderio di uscire là fuori nella natura. Allora cammino, ritrovo gli umili sentieri, esploro i luoghi fuori traccia a me cari con una nuova consapevolezza: vedo le cose che ho sempre visto ma con occhi nuovi, colgo nuovi spunti che nascono dentro di me e da lì, semmai, nascono le nuove idee.

≈ Oggi per molti la motivazione si confonde con l’emulazione. Si vede una storia su Instagram e si pensa “lo posso / voglio fare anche io!”. Cosa ne pensi?

È possibile che processi di emulazione, riguardo alcune attività sportive in montagna (come alpinismo, sci alpinismo o sci fuoripista) indotte da foto e video spettacolari nei social media, possano portare qualcuno a cacciarsi in qualche guaio. Tuttavia, la maggior parte delle persone seguono le gesta di questi “atleti dell’estremo” con la curiosità di vedere cosa combinano, più che per emularli realmente. Comunque, quasi mai queste storie social sono lo stimolo per una sana motivazione alla pratica sportiva, spesso assomigliano più a delle mode. Quello che noto invece è che l’attività in montagna e le destinazioni di un singolo sono spesso influenzate dal comportamento sociale dei gruppi di amici sui social network: una specie di contagio comportamentale che non ha nulla a che fare con la motivazione e nemmeno con l’emulazione.
Una ricerca del Massachusetts Institute of Technology sulle comunità di runner presenti nei social network, ha addirittura misurato che in media, per ogni chilometro corso in più dagli “amici dei social” nell’arco di una giornata, un utente tende a correre 300 metri in più, indipendentemente dal periodo dell’anno, dal meteo o dalla zona di residenza. L’effetto, infine, sarebbe più forte quando è un amico solitamente poco sportivo a decidere per un allenamento supplementare. Perché nessuno sembra disposto ad accettare che un amico sedentario si eserciti di più. Qui vedo un problema: sempre più persone sono prigioniere dei social network e delle scelte altrui.

≈ In molti dei racconti premiati da Altitudini emerge una profondità di emozioni interiori che stupisce e che non si trova più nel voyerismo sfrenato e superficiale dei social media. I blogger hanno ancora un ruolo in un modo che sembra dominato dagli influencer? Le parole trovano il loro spazio nel mondo dell’immagine?

Direi di sì. Le parole continueranno a trovare il loro spazio nel mondo dell’immagine a patto che si abbia qualcosa da dire. Celebre è la frase di Francis Scott Fitzgerald: “Non si scrive perché si vuole dire qualcosa, ma perché si ha qualcosa da dire”. I blogger continueranno ad avere un loro ruolo solo se sapranno creare contenuti di qualità, cosa che l’influencer non fa, perché il suo fine non è creare buoni contenuti ma influenzare i gusti e ottenere molti follower sui social. Le storie che si leggono su altitudini (storie che non vengano bruciate nella frenesia dei social in pochi giorni o in poche ore) hanno l’ambizione di ispirare e non influenzare. Ogni giorno vediamo quanto le tecnologie digitali possono creare dipendenza e generare ulteriore isolamento e quando constatiamo che attraverso le storie di altitudini si creano connessioni profonde e durature tra le persone, allora è evidente la differenza tra autori di storie e “semplici” influencer. E ogni volta che organizziamo un incontro dal vivo, allora vediamo quanto è forte il desiderio di incontrare personalmente gli autori conosciuti sul web. Le amicizie che nascono sul digitale per consolidarsi hanno bisogno di incontri nel mondo reale, per condividere ideali, pensieri, valori, giudizi.

≈ Tu di racconti, in 10 anni di Contest ne hai letti molti. Quale pensi che sia il futuro del racconto di montagna? Come ti immagini i prossimi 10 anni? Ci sarà un nuovo modo di vivere e raccontare la montagna?

Sono ottimista, ci sarà. Nel nostro piccolo da dieci anni proviamo a lanciare e intercettare segnali di “come narrare” la montagna e le montagne. Ogni anno con il Blogger Contest cerchiamo di spingere gli autori a trovare una loro via, una propria voce e ad allontanarsi dalle idee rimasticate di montagna comune e dominante. Lo facciamo a partire da un tema, da una traccia che offriamo come ispirazione da cui muovere l’immaginazione. Anche quando il racconto assume le forme di un reportage narrativo (era il tema del Blogger Contest 2020) siamo obbligati a immaginare, per supplire alla macchina muta del testo, con parole capaci di generare immagini, visioni, suoni. L’immaginario (questo invece era il tema del Blogger Contest 2019) è una delle strade che la letteratura di montagna del futuro è chiamata a seguire. Il nostro immaginario si sta riducendo e l’urgenza è di praticarlo con ogni forma creativa e artistica. Il testo letterario come forma d’arte, che richiede cura, dedizione, amore per le belle storie, ma anche un livello di tecnica e conoscenza che non si improvvisa.

Vedo anche un’altra urgenza: la narrativa di montagna dei prossimi anni dovrebbe prendersi cura delle montagne con la parola. Sono pochissimi i testi narrativi che mettono al centro i grandi temi che oggi interessano la montagna. Faccio un esempio: quando si parla di riscaldamento climatico, di cambiamenti ambientali, di migranti, di pensare a “un dopo”, lo si fa generalmente sotto forma di saggio e reportage. Quasi mai in un libro di racconti o in un romanzo. E se accade, l’opera è catalogata come di fantascienza o distopica. La letteratura di montagna deve reagire e raccontare come la montagna sta cambiando, ma lo deve fare in opere realiste, che raccontano narrativamente il mondo per come è. Infine sarebbe anche da chiedersi cos’è un racconto o un romanzo di montagna. E se può essere considerato un genere, o sottogenere, o invece può essere una grande piazza dove incontrare tanti altri generi: avventura, noir, poliziesco, storico, rosa. Tanto per non ghettizzare anche in futuro la narrativa di montagna, per farla uscire dal cerchio ristretto dei suoi lettori, peggio ancora se appassionati di montagna. Cosa ne sa delle montagne chi legge solo libri di montagna?

≈ Torniamo alla motivazione. Ci puoi dire 3 libri o racconti che ti hanno motivato ad andare oltre i tuoi limiti e esplorare nuovi modi di vivere la montagna?

Più che tre libri specifici, mi vengono in mente le produzioni letterarie di tre grandi autori. Con due di loro ho il privilegio di condividere la terra natale e i paesaggi alpini che li hanno ispirati fin dalla nascita e sono: Dino Buzzati e Mario Rigoni Stern. Accanto a questi due giganti della letteratura italiana ci metto lo scrittore inglese Robert Macfarlane che considero tra i migliori saggisti di montagna.

Rigoni e Buzzatti sono due esempi perfetti di scrittori che “raccontano la montagna” ma lo fanno da due crinali opposti, anche se coincidenti. I racconti di Rigoni parlano di storie e fatti vissuti direttamente o appresi da altri, sono storie “dal vero” e nulla è inventato; invece Buzzatti, tra i più grandi scrittori fantastici del Novecento italiano, i suoi racconti trascendono dal vero e sono magici-surreali e misteriosi. Ancora da adolescente, fu la montagna a condurmi da loro. Sulla roccia e sulla neve sentivo il profumo dei loro racconti, in segreto ho seguito i sentieri d’inchiostro lasciati dalle loro voci indelebili: Il bosco degli urogalli e Il segreto del bosco vecchio sono stati i loro libri che per primi mi hanno rapito.

L’incontro con i testi di Robert Macfarlane è invece storia recente e coniuga il mio interesse per la scrittura sul paesaggio. Di Macfarlane apprezzo il tipo di scrittura esplorativa, la capacità di leggere il paesaggio nella sua bellezza quanto nei suoi lati più drammatici e inquietanti. Il suo ultimo libro Underland ci spinge ad andare oltre l’immaginazione. È un viaggio, questa volta, nella natura del sottosuolo (dai tumuli funerari dello Yorkshire al Carso, dalle catacombe di Parigi ai ghiacciai groenlandesi) e la discesa nel mondo di sotto è un percorso nelle vaste connessioni tra il nostro passato e quello che definiamo come futuro, fino quasi a sovrapporsi. Underland è un esempio di come la narrativa di montagna, se esiste, può prendersi cura delle montagne con le parole.

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Le foto si riferiscono alla Réunion di Altitudini del 12 e 13 giugno 2021 in Val di Terragnolo. www.altitudini.it/la-reunion-altitudini

Eva Toschi

Eva Toschi

Sono nata e cresciuta a Roma, dove ho studiato giurisprudenza per capire che sono una persona migliore quando non indosso un tailleur. Ho lasciato la grande città per lasciare che il vento mi scompigliasse i capelli sulle montagne delle Alpi e ho scoperto che la mia passione per l’outdoor e scrivere di questa, poteva diventare un lavoro.
Ora collaboro come scrittrice, editor e creatrice di contenuti per diverse riviste e aziende del settore outdoor, e quando ho finito di lavorare, apro la porta della baita in cui vivo per sciare, correre, scalare o per andare a fare altre gratificanti attività come tirare il bastone a Ombra, andare a funghi o entrambe le cose insieme.


Il mio blog | Ra.va.nà.re. è uno spazio dove vengono raccolte storie vere o immaginate. Racconti, sogni, sensazioni o punti di vista, dei quali i confini non sono ben tracciati e si confondono tra loro. Ra.va.nà.re. è disordine. Ra.va.nà.re. in montagna e nella vita.
Link al blog

2 commenti:

  1. Vittorio Giacomin Vittorio Giacomin ha detto:

    Ricordo quella gita fatta con amici nella notte dei tempi quando, con il chiarore delle stelle, salimmo al bivacco Minazio, in val Canali, nelle Pale di S. Martino.
    Durante la salita Teddy raccontava, parlava degli gnomi, presenti particolarmente in quella foresta. Raccontava di come quel bosco fosse quello propriamente adatto agli gnomi e ci invitava a prestare attenzione perché, con particolare fortuna, forse anche noi potevamo essere parte di quel mondo, che era più suo che nostro.
    E’ il suo modo di essere, scanzonato e schivo, di persona che crede nell’utilità della scrittura, del racconto, della favola.
    Mi vengono in mente alcuni passi di Guido Piovene che nel suo “Viaggio in Italia” parlando delle genti che stanno tra il bellunese e il Trentino scrive: “Hanno fama di essere gente poetica…Si devono ad essi le fiabe e le leggende di quei monti, sugli elfi, sugli gnomi, su re Laurino”.
    E Piovene si chiede, come fa Teddy, come facciamo in molti: cosa resta di questo mondo, di questa montagna.
    E Piovene ancora ci guida, e ci aiuta a trovare la risposta, che gli viene parlando con le guide di Cortina laddove scrive:” I ”progressi” numerici dell’alpinismo sono dunque fittizzi. Qui si vede la crisi portata nell’alpinismo dai mutati costumi della borghesia italiana. Declina l’alpinismo inteso come fatica media, legata alla disciplina morale e ai piaceri contemplativi; la gente che affluisce nelle montagne si divide in due schiere, i pigri vincolati al mezzo meccanico, e gli acrobati senza gusto per la natura, attratti dall’arrampicata-prodezza. Funicolari, teleferiche, sbrigative ascensioni che si fanno a sedere. L’alpinismo contemplativo diviene sempre più faccenda di anziani”, e ancora, dopo aver analizzato il mutamento di costume della società, scrive “L’orrore della solitudine, l’horror (actractio) vacui, sembra aver preso soprattutto la società italiana”.
    Si scrive per vivere emozioni, per raccontare, per riflettere, per agire, per non restare indifferenti, per restare soli, in senso buono.
    Pensando alla nuova strada che vogliono costruire per le Olimpiadi invernali a Cortina (o a molti altri inutili impianti) mi vengono alla mente le parole di Cognetti quando dice che le strade che vanno alla montagna portano, ma soprattutto portano via, svuotano, privano di senso, anche interiore, banalizzano la montagna e rendono sbrigativa l’esperienza.
    Chissà cosa pensano le guide di Cortina adesso con le Olimpiadi alle porte.
    Porterà o svuoterà?
    Sarebbe bello interrogarsi anche di questo come fece Piovene alla metà degli anni ’50 del secolo scorso.
    Altitudini è una fiammella che aiuta a prenderci “cura delle montagne anche con la parola”.

  2. Teddy Teddy ha detto:

    Un filo invisibile continua a unire le nostre vite, se lo segui a ritroso fa emergere ricordi quasi perduti, se immagini dove andrà è una consolazione. Grazie Vittorio. Grazie anche di aver ricordato Piovene e l’attualità del suo pensiero.

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