Camminiamo di buona lena fino a quando il tracciato ciclopedonale va a coincidere con la Strada Provinciale 27, percorsa anche da (pochissime) auto.
Nei pressi di un piccolo abitato facciamo sosta in un negozio di alimentari dove compriamo pane e formaggio prima di rimetterci in marcia.
Proprio qui la Provinciale corre bassa sotto ad un cavalcavia della SS38, prima che questa vada a sparire in una montagna, nell’ennesima galleria, definendo un territorio tanto poco abitato quanto profondamente antropizzato, fatto di svincoli e rotatorie al servizio della logistica.
Arrivati a Le Prese, frazione di Sondalo, appena prima che la Provinciale superi l’Adda per portarsi sulla sua sponda destra, non resistiamo al richiamo della “Locanda Cacciatori”. All’interno di un edificio degli anni ’70, dietro al bancone, Irene sta servendo un calice di bianco al signor Giovanni. Con la scusa di bere anche noi un bicchiere, scambiamo qualche parola con Irene, che ci racconta del drammatico alluvione del 1987, di cui né io né Luca eravamo a conoscenza, ma le cui conseguenze caratterizzeranno il paesaggio dei prossimi chilometri. Mentre stiamo per rimetterci in cammino, incontriamo anche Maria, l’anziana nonna di Irene, orgogliosa di essere ancora la cuoca della locanda.
Da qui in poi la Provinciale sale con lunghi rettilinei a pendenza costante, poco adeguati a chi viaggia a piedi.
Il paesaggio si fa brullo e a regolare distanza, montati su alti pali, sono sirene ed altoparlanti, utili ad avvisare per tempo la popolazione in caso di future alluvioni.
Quando la strada sembra spianare, raggiungiamo Aquilone, frazione di Sant’Antonio Morignone, dove l’alluvione ha lasciato le ferite più profonde, e in cui sorge la cappella-memoriale per le vittime di questo piccolo abitato che non venne fatto sgomberare perchè considerato al sicuro, ma in cui persero la vita 35 persone in seguito allo spostamento d’aria determinato dalla frana del Monte Zandila, sull’altro versante della valle.
Sul prato, un cartello avverte che è vietato mangiare in prossimità del sacrario, per cui ci sediamo su una panca di legno fuori da una casa per addentare pane, formaggio e arrosto cucinato dalla madre di Luca.
Riempite le borracce alla fontana ci rimettiamo in cammino lungo la Provinciale, fino a reimmetterci nel tracciato ciclopedonale che costeggia il fiume nei pressi dell’ingresso a Bormio, dove sorge un grosso stabilimento di imbottigliamento di acqua minerale.
Attraverso un ponte che conduce alla sponda sinistra dell’Adda raggiungiamo l’hotel dove trascorreremo la notte, e prima di prendere possesso della camera ci beviamo una birra in giardino.
Dopo la doccia e un riposino, mentre ci prepariamo per la cena, per sbaglio mi siedo sugli occhiali che avevo appoggiato sul letto, e che irrimediabilmente si spezzano in due.
Scendo in reception per chiedere del nastro adesivo, con cui cerco di ricomporli prima di uscire per la cena a base di pizzoccheri e vino rosso.
Rientrati in hotel beviamo un amaro locale alle erbe e andiamo a dormire.
Ci svegliamo piuttosto presto, facciamo colazione e cerchiamo un alimentari per comprare formaggio di capra, bresaola e pane fresco.
Prima di lasciare Bormio voglio comprare del nastro adesivo in modo da poter riparare nuovamente gli occhiali quando, complici il caldo e il sudore, questa sera saranno nuovamente inutilizzabili.
Usciti dal centro storico, puntiamo ad intercettare il sentiero che corre parallelo alle prime rampe dello Stelvio, sul versante sinistro dell’Adda.
Il sentiero ci porta in costa tra la strada dello Stelvio e i Bagni Vecchi, dove lo sguardo cade invidioso sui clienti immersi nelle vasche termali, qualche decina di metri sotto di noi.
Poco oltre il sentiero va a perdersi, per cui ci arrampichiamo per portarci sulla strada carrozzabile che percorriamo, tra motociclette ed auto, per qualche centinaio di metri fino ad imboccare il sentiero che scende all’area picnic di Boscopiano.
Da lì, superato il ponte di legno su un torrente, il sentiero prende a salire, piuttosto ripido, per poi scendere a lungo e tornare a risalire con lunghi tornanti fino all’area attrezzata di Solena, raggiungibile anche in auto, in questo momento piuttosto affollata dato che è l’ora di pranzo. Ma dove riusciamo a trovare un posto ombreggiato per rifocillarci.
Quando ci rimettiamo in marcia mancano poche centinaia di metri al Rifugio Ristoro Solena, da cui possiamo vedere il Lago di Cancano, il secondo dei due laghi artificiali formato dall’Adda. All’esterno, tra auto in sosta selvaggia e biciclette a pedalata assistita, uno spaesato alpaca è oggetto dell’interesse di numerosi bambini.
Ci fermiamo poco, perchè dovremo percorrere i 4 km del versante nord del lago per raggiungere il Rifugio Ristoro Val Fraele, in prossimità della diga che separa il lago di Cancano da quello di San Giacomo, dove trascorreremo la notte prima di raggiungere la sorgente.
Nell’attesa di avere le chiavi della camera ci vengono presentati i piatti del menù della cena, tra cui scelgo una zuppa e, a seguire, brasato con polenta.