Agosto 2020
Ed è la volta del ritorno sulle bastionate della Regina, per festeggiare l’anniversario di “A Federico”.
Quarant’anni fa, il 9 e 10 agosto, l’amico Ennio Spiranelli, giovanissimo, in compagnia di Gigi Rota e Sandro Fassi, segna una svolta nel mondo dell’arrampicata orobica. I tre, sulla parete sud della Presolana di Castione, salgono una nuova linea “A Federico”, dedicandola ad un amico, scomparso, poco tempo prima, per un incidente in canoa. Federico Madonna era un mio compaesano, i genitori avevano una macelleria in via Mazzini, vicino alla Basilica, ora c’è la sede del CAF-CGIL. Gli amici mi raccontano qualcosa di lui “Eravamo giovani. Lui era forte e rivoluzionario, in aperto contrasto con gli ambienti conservatori di quell’alpinismo classico di quel periodo” in cava a Nembro faceva passaggi incredibili e in Val di Mello si aggregò al gruppo dei Sassisti, era il più veloce di tutti nel risolvere i passaggi più difficili.
La prima salita di “Patabang”, un capolavoro, una linea improteggibile che si sviluppa sulle placconate di granito della Valle, è sua. Ennio, Sandro e Gigi, dedicandogli la nuova via, ne consegnano il ricordo alle generazioni future. La scomparsa si trasforma in presenza, in memoria. Federico ci ha lasciati ma una traccia del suo passaggio resterà e non solo nel nome di una via d’arrampicata.
La via, a differenza di quanto si faceva allora, rimane chiodata e con le soste attrezzate a disposizione di chi volesse ripeterla. Per una ripetizione bastavano una scelta di excentric e dadi (allora i friends non si usavano e forse non c’erano ancora). “A Federico” diventa una della classiche moderne più ripetute della Presolana. Ancora oggi è protetta con soli chiodi e rimane una linea mai banale e che obbliga ad uscire in vetta per creste e sfasciumi, con una discesa severa e selvaggia. Dieci sono le lunghezze di corda, la linea è bellissima e la roccia pure, le difficoltà arrivano al VI+ e al VII.
Quindi per festeggiare l’anniversario non posso tornare sui bastioni della Regina, come per una ripetizione qualsiasi. Questi mesi emergenziali mi hanno portato ad affrontare ogni questione da una prospettiva diversa, nel tentativo di avere uno sguardo rinnovato sul mondo e sulle cose.
Marco è l’amico e il socio giusto per queste allegre mattate, lui è a scalare in Val dei Mulini, porta d’accesso alla Presolana di Castione. Lo chiamo e gli dico che, passati i temporali, lo raggiungerò per poi salire a dormire in zona rifugio Rino Olmo. Carico la bici di tutto il necessario per dormire e scalare. Il cielo ad ovest è di un blu lavato e pulito che profuma di fresco, ad est è ancora nero e temporalesco. Parto. Scendo in paese e risalgo la valle lungo la ciclabile, attraverso l’altopiano di Clusone in un tripudio di luce, l’aria è frizzante. Raggiungo Marco a Rusio. Mentre fa buio saliamo al rifugio Rino Olmo, lui a piedi con il suo zaino, io in bici con le mie borse. Tra gli abeti le lucciole punteggiano intermittenti il buio.
È notte quando stendiamo i sacchi a pelo contro il muro del rifugio. Domenica 12 agosto, la Regina si mostra in un tripudio di luce e di colori. Arriviamo all’attacco, come al solito, le nebbie inghiottono tutto e fa freddo. Scaliamo sospesi nel nulla, a volte i ghiaioni appaiono ai nostri piedi, a volte sembra che il sole sia lì, pronto ad uscire, e ne sentiamo il tepore. Le dita si scaldano subito ed è bello arrampicare: il traverso, la mezzaluna, la madonnina, il camino, il gran diedro dell’ottavo tiro. Poi le creste e la vetta e la nebbia che mi disorienta, fatico ad individuare la giusta discesa. E penso a 40 fa, ad Ennio che, a 18 anni, era con Gigi e con Sandro.
Tornati al Rino Olmo, facciamo due chiacchiere con i rifugisti. Ci raccontano di questa strana estate, delle misure anti-covid adottate, dell’impossibilità di gestire i pernottamenti ma delle tantissime persone salite a trovarli. Centinaia di escursionisti che si sono goduti la montagna con consapevolezza ed attenzione. Ci gustiamo la compagnia, una tazza di tè bollente ed una fetta di torta di castagne, squisita a tal punto che Marco, grande chef, vuole la ricetta. Infine ci salutiamo. Marco rientra a piedi in Val dei Mulini. Io carico la bici e la spingo sino al passo degli Agnelli.
Un’ultima fatica e poi mi attende una lunga ed infinita discesa su uno dei percorsi più belli per la MTB. I ghiaioni della Presolana di Castione, il Colle Presolana, il sentiero delle Capre, che circumnaviga le Corzene, Malga Cassinelli e il Passo della Presolana. Attraversato l’asfalto riprendo il sentiero sino a Lantana e poi giù in Val di Tede e i suoi lunghi sterrati sino ad Onore. Infine la ciclabile. Pedalo lungo il fiume Serio, attraverso la mia valle che si sta riprendendo, cercando di rimarginare questa ferita invisibile ed ancora aperta che ha segnato le vite di tante famiglie. I pensieri non sono allegri, ma questo è, e mi godo il fresco del tardo pomeriggio. La bellezza dei luoghi e della giornata trascorsa leniscono e aiutano a trovare un senso.
È buio quando attraverso il centro storico di Alzano, mi fermo un attimo nella piazza della Basilica per riempire la borraccia. Lì vicino c’era la Macelleria della famiglia Madonna. Quarant’anni sono passati ed il ricordo di quel giovane uomo è ancora tra noi. Mi siedo per un attimo sui gradini della chiesa, sorseggio l’acqua fresca della fontanella e il silenzio mi avvolge, un silenzio accogliente che segna questa sera d’estate. Due persone attraversano la piazza e parlano sommessamente, il volto coperto dalle mascherine. Non posso non tornare alla paura che ho respirato a marzo, attraversando la piazza, e al silenzio pesante di questa primavera. Tutti eravamo chiusi in casa e nemmeno più suonavano le campane e le ambulanze, a sirene spente, sfrecciavano verso l’ospedale.
Saremo capaci di non dimenticare e di ricordarci di quanto accaduto in questo tragico 2020? Sapremo uscirne, non migliori, non peggiori, ma diversi? E mentre queste domande prendono forma e forza nella mia testa, con la consapevolezza che non potrà essere tutto come prima, riprendo la bicicletta e affronto con calma la salita sino ad Olera. Sono le 21 quando varco la soglia di casa, soddisfatto e colmo di stanchezza e di pensieri.
Uno va ad Ennio, Sandro e Gigi, e ad un giorno di 40 anni fa.
Uno va a Federico, che non ho avuto la fortuna di conoscere.
Uno va alla mia valle ferita e a tutti coloro che ci hanno lasciato.
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foto:
1. Il massiccio della Presolana domina l’altopiano di Clusone.
2. Il terzo tiro della via “A Federico”: La mezzaluna.
3. Sosta a fine giornata nella piazza della Basilica di Alzano Lombardo.