Essa aveva scelto questi luoghi perché ricoperti dai ghiacci perenni e da manti di soffice neve. La montagna si ergeva imponente fra le vette dolomitiche che la circondavano. Tutte la guardavano con ammirazione ed un poco di invidia. Quando sopraggiungeva la sera gli ultimi raggi di sole la illuminavano, donando al mantello della Regina un riflesso rosa-perlato. Allora tutti gli sguardi erano per lei; paesani e turisti rimanevano a bocca aperta e sognavano di conquistarne la cima.
La Regina delle nevi era un tempo vanitosa e capricciosa. Accoglieva con piacere quanti la osannassero ma non lasciava scampo a chi, irriconoscente nei confronti della sua bellezza, affrontasse l’ascesa senza il dovuto rispetto. Il suo cuore di ghiaccio aveva visto l’odio che si può sprigionare dalle viscere degli uomini. Aveva visto uomini scavare nel suo ventre nel tentativo di costruire ripari per proteggersi dal freddo e attaccare altre vite umane altrettanto misere e sofferenti. Ne aveva osservato i volti, scarni e impauriti e ne aveva custodito i corpi, oramai privi d’anima, cullandoli amorevolmente fra le sue braccia. Negli anni infatti la sofferenza dell’umanità aveva risvegliato nel suo gelido cuore la compassione ed aveva cominciato ad accoglierli svelando loro passaggi sicuri, assicurando un clima più mite, accogliendoli nel suo grembo. Si era accorta dell’euforia che sprigionavano nel raggiungere la cima. Quel sentimento puro la nutriva, riempendola di gioia e questo bastava per soddisfarla.
Aveva perfino concesso loro di piantarle lungo i fianchi dolorose spine di cemento che assicuravano a centinaia di persone di poterla ammirare ad ogni ora del giorno e della notte. Come una madre che si sacrifica per il bene dei figli, taceva senza lamentarsi. I paesi di montagna avevano giovato molto dei nuovi impianti e le famiglie non dovevano più soffrire nei rigidi inverni, i bambini crescevano sani e robusti. Studiavano, si spostavano in città. Alle volte ritornavano, altre preferivano la pianura, ma passavano sempre ad omaggiarla.
Gli anni trascorsero così in fretta e agli anni si susseguirono i decenni. La Regina invecchiava, le forze venivano meno e il suo corpo faceva sempre più fatica a sopportare il peso del turismo di massa. Decise quindi di chiedere aiuto agli uomini. Per far capire come stava, smise di generare copiose nevicate e gli inverni divennero più miti. Ma loro iniziarono a produrre neve artificiale e costruire cannoni sempre più efficienti. Decise allora di ritirare il suo mantello, una volta il vanto e l’orgoglio delle Dolomiti. Le ferite fino ad allora nascoste, iniziarono lentamente ad affiorare. La gente cominciò a preoccuparsi dei danni all’economia turistica, qualcuno di quelli all’ambiente ma nessuno comprese il suo dolore.