Racconto

#25 • Carlo, il resiliente

"Carlo è in pensione da un po’. I ragazzi del posto lo chiamano Tuby, perché faceva l’idraulico. Scarpe grosse e cervello fino, Carlo."

testo e foto di Lucio Montecchio  / Valdobbiadene (TV)

“Pomàri industriali e cisterne di veleni! Per avere mele sane usiamo i veleni!”
26/12/2019
3,20 min
informazioni
Aldo faceva l'antennista, ma un infarto potente l'ha stroncato finché era sul tetto di un condominio.

Dice di essere morto e rinato e che, da allora, ogni giorno in più è gratis. Ha preso in affitto questo bar senza parcheggio, non mette fretta a nessuno e se la prende con calma. Anche con la mia caraffina di bianco. Il tavolo è il solito, gli amici anche.
Marco fa l’elettricista ed è sempre prodigo di pettegolezzi locali. Sa di guardie e ladri, di caprioli e bracchi e di corna di origine varia. È un po’ sovrappeso, e quando ride mi ricorda Vincent Vega.
Boga, che a dir la verità si chiama Bogdan, fa il pastore di pecore. È un omone enorme e taciturno, forse perché questo dialetto gli è difficile. Quando torna dalla Romania, mette sul tavolo una bottiglia di ţuică che, ancor prima del cervello, paralizza le ginocchia.
Michele, cappellino arancione permanentemente in testa, è un boscaiolo. Cinquantadue anni portati male, lavora dall’alba al tramonto su un trattore vecchio quanto lui, ma non riesce a pagare l’università alla figlia, cameriera nei fine settimana in nero, a Ponte di Piave. Ogni tanto gli scappa un’ombra di troppo.

Carlo, invece, è in pensione da un po’. I ragazzi del posto lo chiamano Tuby, perché faceva l’idraulico. Scarpe grosse e cervello fino, Carlo. Commenta le cose della vita con una gestualità secca, un uso sapiente delle pause e un’ampia disponibilità di bestemmie che sceglie con cura; per richiamare l’attenzione, dar corpo a una frase o, più semplicemente, per commentare quello dell’Alessia, la postina che è appena uscita.
Neanche il tempo di sedermi ed eccolo lì, pronto a sventagliarmi un articolo del Corriere delle Alpi sulla frana che si è aperta qualche chilometro più su. Lo fa bonariamente, ma quand’è al terzo Grigioverde conviene annuire, oppure buttarla in ridere.

«Ecco qua, voi professoroni! Eccoli qua i danni che avete combinato, convincendoci a tagliare le nostre foreste per fare piste da sci inutili, neve finta, frutteti e boschi tutti uguali, che basta una pioggia più lunga del solito e vien giù tutto. E invece di fermare le frane da sopra piantando gli alberi che c’erano prima, gli facciamo una gettata di cemento da sotto. Pomàri industriali e cisterne di veleni! Capisci cosa sto dicendo? Per avere mele sane usiamo i veleni! Ma roba da matti… Guarda là» – mi dice indicando il bancone – «acqua dentro la plastica. E sai perché? Perché in trent’anni abbiamo intossicato tutto, abbiamo. Ma che progresso è, cercare l’acqua su Marte e non aver cura delle nostre fonti?»

“Boschi tutti uguali, che basta una pioggia più lunga del solito e vien giù tutto”

La mente mi restituisce l’immagine di uomini coi reati incisi sulla schiena. Forse era Kafka. Vorrei far mente locale, ma Carlo è un ciclone.
«Abbiamo ammazzato tutti gli insetti e ci lamentiamo se arriva il miele cinese, che fino a dieci anni fa c’erano batterie di arnie, sul costone là in alto. Ti sembra benessere, questo? Che Leonardo non sa distinguere un carpino da un olmo, e neanche gli interessa. “Alberi, nonno, sono alberi”, mi risponde ridendo.
E allora sai cosa ti dico? Mi sto facendo un bosco mio, dietro casa, sul pezzo di terra che mi ha lasciato mio padre. Ogni tanto raccolgo piantine di acero, sorbo, frassino, faggio, nocciolo, ciliegio, pioppo e le metto là. Sparse. Quel che attecchisce bene e quel che si secca non lo pianto più. Secondo me vien su un bosco misto come quelli di una volta, di quelli bassi e profondi che tenevano su i versanti, buoni per le api e per gli storni».

Fa una pausa e mi punta gli occhi nei miei.
«Tu cosa ne pensi, professore?»
È spaesato a casa sua, Carlo, quinta elementare, 78 anni di vita. E’ un Eroe romantico, Carlo, di quelli che non chiedono quanti sono i nemici, ma dove sono. Vorrei rispondergli con una riflessione, con cose intelligenti ma, sarà forse per il vino a stomaco vuoto, esclamo semplicemente: «Orca, Carlo, ma allora sei un montanaro resiliente!»
«Residente? Certamente! Io e la mia famiglia abitiamo qui da sempre. Il posto più lontano che ho visitato è stato col militare: fanteria. Castiglione dei Pepoli, Tos-ca-na!»
Manàta sul tavolo e, a seguire, bestemmia esclamativa. E ridiamo tutti, di gusto, anche Aldo.
Offro io.

“Mi sto facendo un bosco mio, dietro casa. Secondo me vien su un bosco misto come quelli di una volta”

Questa storia partecipa al Blogger Contest 2019. Fai sapere all’autore cosa pensi della sua storia, scrivi qui sotto il tuo commento.

Lucio Montecchio

Lucio Montecchio

Sono cresciuto lungo un fiume e fra gli alberi, vivo in montagna e fra i boschi. All'Università li studio e li spiego, nel blog racconto delle relazioni indissolubili fra noi e loro.


Il mio blog | Episodi reali o immaginari, figli dell’insonnia o di qualche frase rubata al bar. Racconto di gioie e sofferenze delle quali i boschi sanno essere memoria, perché sono fatti di tempo. Di quello nostro e di quello di chi ha saputo proteggerli prima di noi. Ci si può fidare, degli alberi.
Link al blog

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Esplora altre storie

Le ruote dei treni sibilano sulle rotaie. Anche oggi stai al gioco, non ti... Le ruote dei treni sibilano sulle rotaie. Anche oggi stai al gioco, non ti sottrai a questa partita che si ripete ogni giorno. Nel...

La storia ci dice di tre anziani, tre coscritti del ‘42 che, pur refrattari... La storia ci dice di tre anziani, tre coscritti del ‘42 che, pur refrattari alle sirene dell’ecologia combattente, si mettono contro al progresso che...

Epifania è una storia che racconta la mia ricerca di un’ispirazione, una svolta sul... Epifania è una storia che racconta la mia ricerca di un’ispirazione, una svolta sul modo di vedere il mondo, e poterla rappresentare con un...

Della Dottoressa Pat, dell’equipe di soccorso e della sua ambulanza. Se qualcuno immagina che nei paesi... Della Dottoressa Pat, dell’equipe di soccorso e della sua ambulanza. Se qualcuno immagina che nei paesi di montagna prestare soccorso a poveri malcapitati possa avvenire, come...

Una riflessione non tanto sull'emergenza sanitaria del coronavirus, sulla quale non abbiamo competenze, quanto... Una riflessione non tanto sull'emergenza sanitaria del coronavirus, sulla quale non abbiamo competenze, quanto su un possibile uso/abuso delle norme limitative di libertà fondamentali....

Quante volte con gli amici, ricordando vecchie storie, abbiamo detto: «Sembra di riviverla ora!».... Quante volte con gli amici, ricordando vecchie storie, abbiamo detto: «Sembra di riviverla ora!». Questa è una di quelle storie. Per chi vive la montagna,...

Il colore è un linguaggio universale, simbolico, appunto, che il colore deve essere guardato... Il colore è un linguaggio universale, simbolico, appunto, che il colore deve essere guardato con gli occhi dello spirito, ascoltato quindi, come la musica,...

«Ricordatevi di guardare i fiori», scriveva Armando Aste, poeta delle rocce. Ed io li... «Ricordatevi di guardare i fiori», scriveva Armando Aste, poeta delle rocce. Ed io li osservavo, sempre, ma non in quel momento. ...

Mi ricordo poco dei miei primi anni; ero ancora in braccio a mia madre... Mi ricordo poco dei miei primi anni; ero ancora in braccio a mia madre quando, tornando verso casa, ella inciampò in una granata quasi...

Quando la notte grondante rugiada incombeva e i profili dei monti si perdevano nel... Quando la notte grondante rugiada incombeva e i profili dei monti si perdevano nel buio, si accendevano fuochi di larice o di faggio e...