dalla conoscenza del territorio che si va a raccontare e dalla impagabile passione per le montagne (di mezzo, minori, selvatiche o come altro volete chiamarle) di Teddy Soppelsa.
Soppelsa è il principale motore di altitudini.it. Giochiamo in casa ma non è certo piaggeria quando, anche in questo caso sgomberiamo il campo dalle mezze misure, diciamo che Antichi Sentieri della Val di Sant’Agapito è un monumentale libro-guida che lascia a grande distanza moltissime altre pubblicazioni dedicate luoghi e valli più o meno grandi del nostro territorio montano e alpino.
In questa preziosa pubblicazione (preziosa non solo per i cesiolini) Soppelsa ha messo insieme un coro di voci ben intonate per descrivere una veramente piccola valle scavata dall’estroso torrente Salménega e legata al nome di un santo che, come la Valle, non è certo tra i più riconosciuti. E ha anche aggiunto la sua dichiarando da subito un’urgenza: quella di non fare scomparire dalla vista e dai pensieri dei suoi abitanti il paesaggio della Val di Sant’Agapito.
Agli abitanti ciechi di Cesiomaggiore, comune che fa da porta al Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, e a tutti noi, altrettanto orbi che guardando le nostre montagne le sentiamo mute e sconosciute, Teddy e la sua squadra di collaboratori offrono un cannocchiale lucido e potente per comprendere la distanza che separa il passato e il presente e ritrovare il proprio spazio di vita per prendersene cura.
Mi complimento con Davide Torri per la bella e intelligente recensione. Anche se sono una cesiolina, ho scoperto tante cose sulla Valle. Teddy ha saputo, grazie alle testimonianze degli anziani valligiani, fissare sulla carta i ricordi di vite che sembrano molto lontane da quella che noi oggi viviamo. Noi cesiolini dobbiamo a Teddy un forte grazie.
Non ho letto il libro, ma per come conosco l’autore posso immaginarlo come un rabdomante della memoria sempre alla ricerca di vene di conoscenza da far emergere.
Del resto, nel lontano 1967, Andrea Zanzotto dedicava delle pagine molto belle a questa terra e le titolava “Ragioni di una fedeltà”.
L’autore di questo libro non ha smentito questa fedeltà con l’impegno di una scrittura che si prende cura di “preservare la vita, la vita di tutti”.
Questa piccola valle potrebbe intendersi la casa di un “popolo senza segni e senza stemmi, il soldato ignoto”.
Eppure si tratta di parlare di una “ cultura che era popolare senza essere di massa”. La cultura di chi fatica in silenzio, ma che non si disperde, forse.
Sempre con Zanzotto ci potremo chiedere: “vivono ancora dunque i luoghi?”, e lui rispondeva, sì, attraverso la poesia che ricerca sempre un “luogo autenticamente umano”.
Complimenti all’autore.
Vittorio Giacomin