Nei boschi i cartelli non li hanno messi i boschi bensì gli stessi che buttano i rifiuti e incendiano i boschi.
Nel bosco c’è un orso che gioca con qualcosa e si guarda attorno.
Scorge il lupo.
Il lupo guarda l’orso che gioca con una bottiglia di plastica.
Anche il lupo ci vorrebbe giocare, ma l’orso è geloso delle sue cose, meglio lasciarlo stare, l’ultima volta ci stava lasciando una zampa.
Sopra di loro c’è la grande montagna, il ghiaccio si sta per staccare.
Il lupo alza il naso e annusa il prossimo futuro. «Quando si staccheranno quei grossi blocchi di ghiaccio il bosco verrà spostato a valle e sconfitto.» L’orso guarda il lupo e sa cosa sta pensando quel naso.
L’orso tira la bottiglia al lupo. Ha una pessima mira. La bottiglia atterra in mezzo ad altri strani oggetti. Televisori, macerie, pezzi di amianto, qualche copertone, batterie d’auto. Il lupo e l’orso non sanno cosa siano. Sanno solo che è stato l’uomo a mettere lì quel ciarpame.
Feroce, niente fiuto, poco pelo, brutto come il peggiore dei demoni del bosco. L’uomo.
Se avessero una minima idea di cosa possa essere dio potrebbero pensare addirittura che quello è dio, ma non lo sanno cos’è dio. Sanno solo che quando appare non succede mai niente di buono. Ce ne sono anche alcuni di innocui; arrivano, camminano, se ne vanno, gli puntano contro una specie di lente. Quella non fa male, non sputa niente. Ma sono pochi ormai.
Il ghiacciaio sopra il bosco è un po’ infastidito dal caldo.
«Diavolo» dice, «io odio il caldo. Guarda come sono tormentato, dio. Dio, io lo so chi sei dio, non sono mica come l’orso e il lupo là sotto nel bosco. Falli smettere, fai qualcosa. No, non dico l’orso e il lupo, dico gli uomini. Sto cercando di resistere, ma ogni giorno un pezzo di me si scioglie e se ne va, tra non molto mi stancherò di stare attaccato alla buona roccia e la lascerò ad abbrustolirsi al sole. Poi vedremo cosa rimarrà del bosco laggiù, dell’orso, del lupo, e sì, anche dell’uomo. Dai, dio ammettilo, hai sbagliato a fidarti di quello.»
Dio, come al solito, tace.
Il sole sopra il ghiacciaio guarda in basso e vede che tra i suoi raggi e il ghiacciaio non c’è più filtro. C’è un buco, c’è roba nera, impalpabile, scura, molto fine e parecchio puzzolente. E’ là sospeso da un sacco di tempo il sole. Ne ha viste di cose, ma ultimamente là sotto si esagera, il pianeta blu sta diventando grigio, tra un po’ smetterà di respirare. Si spegnerà.
Il sole non discute con dio, è troppo vecchio il sole.
Da quell’altezza può vedere non solo il bosco e il ghiacciaio sopra l’imponente montagna poco sopra. Non molto lontano può scorgere bellezza e bruttezza ovunque. Percepisce il dolore di specie che muoiono per mano dell’uomo. Ancora lui. Avverte anche il dolore che l’uomo procura a se stesso, in una spirale di demenza talmente evidente che solo la luna può capire.
Il sole vede oceani di spazzatura navigare come isole, vede l’amico leviatano soffrire, ne sente il lamento. Il sole indovina il futuro.