Ma come si fa a darsi per meta una bivio?
In realtà non era “lui” la meta, anzi nemmeno era contemplato anche se sottinteso; sembra un po’ questa la sua identità, forse un po’ ambigua, necessario ma spesso valutato secondario, di sicuro di passo in passo il pensiero su di esso portava a filosofeggiare sulla sua natura e la sua funzione.
Avevo in previsione di salire da Montecampione 1200, dal residence alla partenza degli impianti, su per il Fodestal e raggiungere il Corniolo, sul tracciato conosciuto e privo di rischi che si snoda fra tratti di piste chiuse e non battute, una baitella e qualche boschetto; ma dopo il pianoro della baitella ecco che la scia degli altri skialper prendeva almeno due direzioni differenti: era lui, il bivio.
Dritto la conosciuta e ben tracciata risalita fra i pagheri radi di logico svolgimento parallelo alla pista da discesa, e a destra il binario solcato da poche precedenti assi, ammiccante nel suo allontanarsi dai paesaggi turistici, raggirante il dosso e sfuggente nel suo nascondersi in rientri ed esposizioni nel fianco della montagna.
Eccomi qua, come tutti gli uomini, di ogni livello, razza e storia, al cospetto di un bivio; mi aspettava, attendeva la mia scelta, e dopo di essa mi avrebbe svelato i suoi regali.
Oggi i suoi regali sono stati un’inaspettata pellata su un sentiero poco battuto, selvatico nei limiti della sicurezza, tecnico nei limiti della scorrevolezza anche per uno “skialpimbranato” come me, panoramico quel tanto da farmi emozionare e benedire la scelta fatta.
Grazie Bivio, o forse con ulteriore animismo meglio dire grazie montagna, grazie sentieri e grazie gambe, grazie Dio.
Non avrò fatto l’Aguil du Midi, ma per me oggi dopo il bivio ho svoltato in Canada.