Arriva il vento e slam!
Feltre, lunedì 29 ottobre
Slam. I balconi sbattono. Foglie volano in un turbinio violento. Corro. Aiuto mia nonna. Togliamo le trecce fatte con le pannocchie e i piccoli vasi di fiori in terrazzo. Lo senti nell’aria. Sta arrivando qualcosa, qualcosa di grosso. Lo si percepisce da quell’odore metallico intriso di gocce di pioggia che battono insistenti da due giorni. I cani abbaiano.
Gli animali sono in tormento. Piove. Piove da quarantotto ore. Il Colmeda è diventato un fiume in piena, ha preso tutto il suo letto, ha rivendicato quello che è suo per diritto. Le cascate sono a un filo dall’argine. Urlano, gridano, strillano, sbraitano tutta la loro potenza. La natura è in subbuglio, ed ecco che inizia a piovere fortissimo. Le gocce cadono irrispettose verso la terra che ormai stremata non riesce più ad accettare questo tormento, questa tortura continua. Cadono, una dopo l’altra aumentando le pozzanghere enormi, i fiumi già colmi, i laghi oramai alla capienza massima. E i fiumi sfidano, sfidano il terreno, gli alberi, inondano i campi, le case, non rimane nulla. Furioso sfida, e sfida ancora, sbraitando la sua ira. La pioggia continua incessante, ma la natura non ha finito, non ha finito la sua potenza.
Arriva il vento e slam. I balconi sbattono. Corri, chiudili con il catenaccio. Chiudi le finestre. I bambini hanno paura. Il vento ulula, scuote gli alberi e avvolge le case. Entrano spifferi di aria fredda dalla porta. “Senti! Cos’è? Cos’è successo?” provo a guardare. L’abete davanti casa è caduto come un animale morto, arreso dalla furia del vento. Poi non c’è più luce. Buio. Trovo una candela, la accendo. La furia della natura ci ha sommersi tutti e, chiusi in quattro pareti, rimaniamo in balia del tempo. Il rumore della pioggia è svanito ma il vento è ancora potente. Ad un tratto suona il campanello, una voce di donna urla, chiede aiuto, deve entrare in casa e la sua auto è bloccata da un albero caduto poco prima che lei passasse. Scendo, la punta di un abete ha invaso la piccola strada e insieme riusciamo a metterla un po’ in parte. La sera mangiamo a lume di candela scaldati dalla vecchia stufa e, con il vento ancora che urla, andiamo a dormire.
Martedì 30 ottobre
Ci svegliamo da una notte violenta. Facciamo una colazione veloce. Dal terrazzo vediamo il paesaggio. Alberi sradicati, spezzati, serre distrutte, tegole cadute dai tetti e piante di viti completamente a terra. Sono caduti tre grossi abeti e altre piccole piante, alcuni di questi in mezzo alla nostra unica e piccola strada per accedere a casa. Almeno per ora non piove più e la corrente elettrica è ritornata.
Mio padre con l’aiuto dei vicini libera la strada, mentre io e mio fratello raccogliamo tutti gli oggetti che sono stati portati via dal vento. Pulisco il terrazzo, il giardino, il garage da tutto ciò che l’aria ha trascinato con sé nella sua furia distruttiva. Feltre è desolazione: strade ricoperte da rami, foglie, tronchi, automobili distrutte, tetti danneggiati. La zona dell’ospedale di Santa Maria del Prato è irriconoscibile, come il Bosco Drio le Rive e il Castello di Alboino dove tutti gli olmi sono stati sradicati, ma il luogo peggiore è la Culiada, dove i tigli in parte alla strada sono stati decimati, caduti nella carreggiata, che ci lasceranno impresso il ricordo della morte di un padre padovano che tornava da lavoro.
I dadi ormai sono tratti, la pioggia per ora è finita, non resta che rimboccarci le maniche e sistemare le case, le strade. Feltre però ormai non è più la stessa, i bimbi piccoli non la vedranno mai come l’abbiamo vista e vissuta noi.
Leggere l’articolo che ha scritto, nei tempi che furono, la mia compagna, la mia metà, non ha prezzo.
Sono orgoglioso di te, della Donna che ho al mio fianco! ❤️
Alessio