Recensione

JUST A FUCKING BANDIT.
UN LIBRO PER IL 25 APRILE

In occasione dell’80° anniversario della Liberazione, Alberto Paleari pubblica “Viaggio sentimentale nella Resistenza”, quattro racconti che ricordano quel periodo con affetto e senza retorica, editi da MonteRosa edizioni.

testo di Davide Torri

20/04/2025
8 min
Ce l’abbiamo un libro di montagna che parla, appunto di montagna e che ci possa accompagnare degnamente al prossimo, e speriamo non ultimo, 25 aprile?

Si, Compagni dai campi e dalle officine… ce l’abbiamo.

Anche questa volta la coppia Monte Rosa Edizioni con Alberto Paleari1, inossidabile uomo di montagna e di penna, ci regalano un libro elegante nella scrittura e prezioso nei contenuti: si tratta di Viaggio sentimentale nella Resistenza e, credetemi, mai titolo fu più azzeccato: si tratta proprio di un essenziale quanto appassionato percorso che ci porta, avanti e indietro, con mano ferma, dagli ultimi anni della seconda guerra mondiale ai nostri giorni confusi e infidi.

Paleari è sempre stato un romantico sin dai tempi della Contessa (il suo libro, non la canzone di Pietrangeli); prima e, forse, unica guida alpina ad andare in pensione per trasformarsi in uno dei moderni flaneur delle valli d’Ossola e Sesia. Valli che percorre passo a passo in tutte le stagioni e di cui è diventato il ruvido ambasciatore.

Viaggio sentimentale nella Resistenza raccoglie quattro racconti brevi dentro i quali diversi avatar del Paleari declinano in modo personalissimo il nostro (vostro) annacquato concetto di Resistenza. Eh, compagni trinariciuti, Alberto scrive Resistenza e non Guerra Civile come i Claudio Pavone tanto vorrebbero. Non usa nessun tagliatartufo in argento2, non abita neppure in una ZTL e come tanti di noi, tanti ma non abbastanza, si chiede com’è successo che “volevamo essere natura e abbiamo cementificato il paese, volevamo l’uguaglianza e i ricchi sono sempre più ricchi i poveri più poveri, non volevamo morire democristiani3 e rischiamo di morire fascisti”.

Ho sempre amato i racconti di Alberto, persino più dei suoi romanzi che per altro sono bellissimi, e in questo ultimo libro le sue narrazioni sembrano matrioske al contrario: piccole storie che, senza trucchi, contengono storie più grandi, storie quotidiane che diventano epiche, parole che ti portano vicino le cose e i luoghi lontani.

In Viaggio sentimentale nella Resistenza vive una famiglia di origini svizzere che distende le sue generazioni sul Lago Maggiore e che scoprirà proprio nei giorni della Resistenza la vera adesione ai luoghi in cui, molti anni prima, era stata accolta.

“(…) in quella fredda notte del ‘45, non c’erano solo mio padre Florian e, in incognito, la sua sorellina Clara, c’eravamo già anch’io e le mie figlie,c’erano le ultime tre generazioni dei Matthäi, le generazioni dei Matthäi medici (…) viaggiava una nuova era, un’era che aveva tagliato i ponti col passato, un’era di nuove speranze”.

Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio (Einaudi, 2014)
2 maggio, 1945, partigiani a Belluno (isbrec)

Ho sempre amato i racconti di Alberto, in questo ultimo libro le sue narrazioni sembrano matrioske al contrario: piccole storie che, senza trucchi, contengono storie più grandi.

C’è Giulio, un idealista “deportato a Ponza senza un processo, senza prove, senza potersi appellare ad alcuna legge, e quindi senza la possibilità di difendersi che non riuscirà a diventare furbo come i suoi compagni che quando le cose sono cambiate, una pensione o una sistemazione tranquilla e ben pagata con l’aiuto del partito l’hanno trovata, lui invece, alla sua età e malconcio com’era, ha dovuto tornare a fare il tornitore alla Bredaì”.

E ancora, nel terzo racconto, un disincantato pellegrino che attraversa la Grecia sulle tracce di uno scrittore4 e viaggiatore inglese protagonista nella battaglia di Creta durante la seconda guerra mondiale (perché la Resistenza non fu solo dei nostri ragazzi con il fazzoletto rosso) giunto sull’isola nel giugno del 1942 con una barca di pescatori.

Infine5 una coppia, Chiara e Vincenzo, vecchi boomers che arrampicando in Sardegna si portano nello zaino uno tra i più bei libri dedicati alla Resistenza (con la r minuscola come dice Vincenzo): “I piccoli maestri infatti è un libro che sembra scritto da un inglese, non da un italiano che per quanto oppositore del fascismo, nel fascismo era nato, era cresciuto, aveva studiato e di quella retorica, cioè di quelle bugie, era stato nutrito per i primi vent’anni della sua vita”.

Alberto apre con un disclaimer il suo libro militante avvisandoci che “Questi racconti, pur svolgendosi in un contesto storico reale, in cui i personaggi storici sono realmente esistiti, sono in parte frutto dell’immaginazione dell’autore”. È il sottolineare questo “in parte” che ci deve mettere in allarme perché, voltata l’ultima pagina e appoggiato sul tavolo il libro vorremmo che fosse il tutto, e non solo una parte, frutto della sua immaginazione, vorremmo non dover ricordare come vere le torture, le violenze, le uccisioni feroci e le vigliaccherie che hanno caratterizzato i mesi che seguirono l’armistizio dell’otto settembre. Vorremmo non dover scegliere perché, oggi, non sapremmo rispondere sicuri come Florian, il giovanissimo protagonista del primo racconto.

Dunque ditemi, perché volete fare i partigiani? – Perché sono dalla parte giusta, – disse pronto Florian. (…) – Hai già pensato al nome di battaglia? – Domandò a Florian. – Stendhal, – disse Florian. – È un bel nome, sei arruolato compagno Stendhal”.

Eppure Florian, il nonno di Sonia, la bella Phillis, Mavrandonis e Eleni, figlia di pescatori e contadini, Vincenzo, Chiara e l’hippy di Capo Testa con il suo cane zoppo sono lì, dentro al Viaggio, per ricordarci che una scelta va fatta oggi, ora, adesso, prima che sia troppo tardi.

Alberto Paleari

C’è tanta montagna dentro i racconti del Viaggio, del resto Paleari è un galantuomo di montagna e la stessa fu, ottanta anni fa, il principale teatro dove si svolsero le azioni della Resistenza. 

Il Viaggio sentimentale nella Resistenza è anche un viaggio nella sconfinata curiosità e grande cultura di Alberto, nel suo vivo sentimento per la libertà e per l’amore.

La libertà Paleari l’ha conosciuta anche nella sua vita precedente quando alpinista, sempre, e guida, per 40 e più anni, ha goduto delle sensazioni che solo chi sale in alto conosce. Qua viene facile ritornare a Daumal con il suo incompiuto Il Monte analogo. Per lui, come per il francese, scrivere e arrampicare sono esercizi di disciplina. Daumal scrive “è necessario che la cima sia inaccessibile ma la sua base accessibile agli esseri umani quali la natura li ha fatti” e Paleari risponde per voce di uno dei protagonisti di Viaggio.

(…) nella mia breve e tardiva esperienza alpinistica (…) non ho mai apprezzato i panorami che si vedono dalle cime, che spesso sono deludenti e consistono soprattutto nella vista delle bassure dalle quali siamo fuggiti e a cui non vogliamo tornare.

E ancora: trovo che le cime alpine siano molto più belle viste dal basso e che la parte più interessante dell’ascensione sia il percorso per raggiungerle”.

C’è tanta montagna dentro i racconti del Viaggio, del resto Paleari è un galantuomo di montagna e la stessa fu, ottanta anni fa, il principale teatro dove si svolsero le tante azioni della Resistenza. Ancora una volta, è la grande abilità dello scrittore a rendere la salita e la cima qualcosa di poetico.

Ci coprimmo con tutti i vestiti che avevamo e uscimmo al buio, poco più di un centimetro di neve ricopriva il terreno rendendolo scivoloso. Accendemmo le pile frontali e nel loro cono di luce comparvero migliaia di minuscoli cristalli luminosi che vorticavano freneticamente nell’aria. Il risultato di quella meraviglia era che non si vedeva niente”.

Quella del Viaggio è la montagna più disincanta che Paleari6 abbia mai descritto nei suoi libri. Una montagna, come dire, messa al suo posto.

(…) in Italia, malgrado la nuova passione alpinistica, non ero diventato un montanaro: assoldavo delle guide per scalare le montagne, praticavo la montagna per sport, facevo del turismo. Come mi sembra frivolo ora tutto ciò rispetto alle occupazioni degli abitanti di Rodakino, che consistono nel procurarsi giorno dopo giorno l’agiatezza in cui vivono e nel trarre soddisfazione dal loro lavoro ben fatto.”

Poi l’amore. Che bravo che sei Alberto nel non esserti trasformato in un vecio (perché vecchio lo sei solo anagraficamente) che ha dimenticato cosa sia l’amore, quali le parole per dirlo, quali i suoi odori, i tempi, le emozioni e le tristezze.

(…) pensai un’altra volta a Phyllis e mi venne da chiedermi: cos’avrà mai trovato in me? Ma sapevo che era una domanda senza risposta: siamo sempre amati per motivi che non sospettiamo”.

E, soprattutto, che bravo che sei nel ricordare di cosa l’amore, più delle montagne, più di ogni lotta per quanto giusta, è in grado di fare.

(…) Eleni è immortale, perché non si è mai curata e non si cura della morte, né della sua né della mia: per lei esiste solo l’incanto del mondo in cui vive e la meraviglia di svegliarsi ogni mattina ancora viva”.

Ecco, chiudo rubando dalle matrioske dal Viaggio sentimentale nella Resistenza alcune righe di Meneghello che parlano di Alberto:

You a poet? – disse l’ufficiale.
Io gli circondai l’orecchio con le mani, e gridai dentro:
Just a fucking bandit.

Alberto, un fottuto bandito-poeta. Della montagna, della libertà e dell’amore.
Buon venticinque aprile.
_____
1) Io e Alberto abbiamo amici cari e comuni in una delle piccole frazioni dell’Alta Valsesia. Anni fa, proprio lì abbiamo condiviso un filetto di cervo fatto su una pietra rovente, ma non è per questo eccezionale evento che dirò di come il suo ultimo libro sia ancor più eccezionale. 

2) Dicono le malelingue dalle mie parti, dominate da una sinistra a la page ma culo-e-camicia con una curia antiquata, che sulle delle semplici uova al tartufo questo, il tartufo, venga affettato con un attrezzo in argento. Ma sono solo malelingue.

3) Come non ricordare le parole, venti e più anni fa, di Mario Rigoni Stern: “lo dico sempre: spero di non morire sotto Berlusconi. Non per la mia età, perché potrei andarmene anche domani, ma per il fatto di avere un po’ di speranza sulla vita e sull’umanità”.

4) Sono tanti gli scrittori, e i libri, che ci accompagnano nel Viaggio. Qui è Patrick Leigh Fermor, considerato il più grande scrittore di viaggio del Regno Unito. Titolo non da poco vista la grande concorrenza nel suo paese procurata ad esempio di Bruce Chatwin, Laurence Osborn e, come ci suggerisce Paleari, Robert Byron.

5) Nell’ultimo racconto che spazio anche per noi di altitudini.it e dei luoghi dove questa idea nasce. Una preziosa gemma che Alberto ci regala: “della Valle del Mis, dove non era mai stato e neppure aveva mai desiderato andarvi, Vincenzo, poco prima di partire per la Sardegna, aveva letto meraviglie nel blog Altitudini, tra quelli di montagna uno dei suoi preferiti”.

6) Forse il Paleari si è trasformato in un barbalbero tolkeniano abbandonando, nel Viaggio sentimentale, la sua tagliente ironia sostituendola con un disincanto saggio e dolente. 

Viaggio sentimentale nella Resistenza

Autore
: Alberto Paleari
Editore: Monte Rosa Edizioni, 2025
Pagine: 192
Prezzo di copertina: € 17,50

Davide Torri

Davide Torri

Insegnante di educazione fisica. Da diversi anni promuove iniziative dedicate alle terre alte (e anche alle montagne di mezzo). Ha prodotto documentari e spettacoli teatrali, organizzato convegni, incontri, mostre, costruito progetti di microeconomia alpina, pubblicato saggi e ricerche: il tutto dedicato alle montagne e alla gente che sopra ci vive (in pace). Collabora con altitudini da molto tempo.


Il mio blog | Scrivo su altitudini.it da molto tempo. Mi piace starci perché, nonostante sia virtuale, è un luogo dove la concretezza delle persone e delle montagne è sempre lì: da toccare.
Link al blog

1 commenti:

  1. Francesca Zonca ha detto:

    Di platino. L’affettatartufi. Così dicono. E stava a casa Feltrinelli. Sì. Quella di Giangiacomo.
    Uno spunto curioso per riflettere sul non aver fatto i conti col Fascismo (maiuscolo, perché nome proprio di fenomeno storico) e sulle derive ideologiche di certi epigoni della Resistenza (come sopra). O guerra civile, come sarebbe giusto che gli storici oggi la chiamassero.
    E su come oggi abbiamo bisogno di nuove resistenze per nuovi fascismi. Con nuove armi, prime fra tutte l’istruzione.

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