Delle sue imprese Mario parla poco. Si emoziona ricordando la prima spedizione invernale sul Makalu(3) con l’amico Renato Casarotto e lo svizzero Romolo Nottaris, impresa conclusa a quota 7400 metri, dove rischiarono di lasciarci la pelle per il freddo, la sete e soprattutto la fame. «Ero sicuro che sarei morto. Prendevo il mio quaderno e scrivevo tutto. Non era facile, ma volevo lasciare i miei pensieri nel caso lo avessero trovato. Alla fine ci salvarono degli sherpa che salendo dal versante opposto ci diedero patate e uova», ricorda Mario.
Gli chiedo cos’ha provato quando nel 2002, all’eta di 66 anni, è riuscito finalmente a toccare la cima dell’Everest con l’amico Simone Moro(4), un sogno durato trent’anni e realizzato dopo due tentativi falliti. «Niente. L’ho sognata così tanto ma poi, arrivato lì, a parte le bandierine non c’era nulla. È stata più emozionante la lunga attesa».
Tra i due alpinisti si percepisce l’esistenza di un legame profondo, temprato sulle altezze ma che negli anni è andato oltre la semplice passione per la montagna. «Con Simone ho affrontato sfide che hanno cementato la nostra amicizia. Nel 1999 abbiamo conquistato in 33 giorni quattro delle cinque montagne più alte della Russia, impresa che ci è valsa l’onorificenza Snow Leopard, un riconoscimento importante che l’ex Unione Sovietica riconosceva agli alpinisti(5)».
Tra le imprese condivise c’è anche la traversata integrale delle Orobie, al confine tra le province di Brescia, Sondrio e Lecco. Su proposta di Mario, nel 2000 i due hanno intrapreso una ‘passeggiata’ di circa 150 chilometri, affrontando le creste di cento montagne tra i duemila e i tremila metri. «Sono stati tredici giorni intensi in cui abbiamo condiviso ogni respiro, ogni fatica, ogni emozione. Ci siamo mossi in un ambiente selvaggio, spesso senza tracce, affrontando vette i cui nomi non comparivano neppure sulle mappe e muovendoci in un ambiente insidioso e per niente facile».
Sul rapporto con la morte, Mario esprime una visione netta, frutto della sua lunga esperienza: «La montagna d’alta quota non è un luogo dove l’uomo può vivere. Un alpinista deve essere consapevole di affrontare rischi potenzialmente fatali ogni volta che si mette in gioco». Riflettendo sul suo approccio, aggiunge: «La mia attenzione era sempre al massimo. Durante le spedizioni, mi isolavo completamente. Famiglia, amici, affetti passavano in secondo piano. La mia concentrazione era interamente focalizzata sull’obiettivo da raggiungere per evitare anche il minimo errore che in montagna può essere comunque fatale».
Oggi Mario ha 88 anni e sulle spalle prove titaniche superate con coraggio e determinazione: la povertà e la fame, spedizioni rischiose, problemi economi e di salute. «Qui viviamo bene grazie a Simone Moro, che dopo il fallimento della nostra attività ha acquistato la baita ormai all’asta concedendoci il suo utilizzo». La perdita dell’azienda avvenne nel 2010: «La mattina hai tutto e la sera niente. Dopo sessant’anni di lavoro ci siano ritrovati senza casa, beni, soldi. Ho avuto una forte depressione e un tumore molto aggressivo, così sono andato a vivere per un anno in alta montagna con cento capre e cinquanta capretti.
Stare da solo mi ha permesso di ritrovare la forza mentale per riprendermi. Ho perfino rifiutato l’intervento chirurgico e accettato solo la cura farmacologica per restare lì, dove ero sicuro di poter guarire. Mi sono salvato, come sempre, grazie alla scrittura, alla solitudine e al lavoro. Guai alzarsi e non avere niente da fare. Meglio morire».
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1) Diciotto castagne, di Mario Curnis e Angelo Ponta (ed. Rizzoli, 2022).
2) Imprese e spedizioni più importanti – Numerose scalate soprattutto in invernale nelle Dolomiti, nel gruppo dell’Adamello e Presanella, nel gruppo del Bernina, nelle Alpi svizzere e sulle Orobie. Tra le spedizioni extraeuropee: Ande peruviane; Ande patagoniche; Everest (1973, 1994 due tentativi falliti e 2002 con Simone Moro); Himalaya; Pamir e Tian Shan (Snow Leopard).
3) Con i suoi 8485 metri di altezza, il Makalu è la quinta montagna più alta del mondo. Si innalza sul confine tra Nepal e Cina, circa 19 km a sud-est del monte Everest. A causa delle sue creste taglienti e della sua posizione remota, che la espone agli elementi atmosferici, è una delle montagne più difficili da scalare al mondo. L’unica cordata che riuscì a portare a termine la salita invernale sul Makalu fu quella formata da Simone Moro e Denis Urubko. Era il 9 febbraio 2009.
4) Il 24 maggio 2002 Mario Curnis e Simone Moro hanno raggiunto la cima dell’Everest (8850 m).
5) La spedizione guidata da Simone Moro comprendeva, oltre a Mario Curnis, Denis Urubko e Andrey Molotov.