Racconto

La montagna senza la morte

Una stanza di ospedale in città, lui che è in coma da ormai due mesi. Chiudo gli occhi e mi aggrappo a ciò che ho portato con me, una speranza.

testo e foto di Federico Balzan  / Belluno

Ore 16.19; strette corsie
31/01/2018
5 min

«Nube lenticolare!»
Aljaž lancia le sue parole con un grido nella chiara aria settembrina.

Dall’altro capo della corda rossa, più su, mezzo sbilenco nel camino di roccia dove sto cercando di issarmi sbuffando, dedico una parte del mio cervello a decodificare il suo tono, per capire se si tratti di allarme, o stupore, o altro. Poi, arrendendomi, chiedo seccato maggiori lumi al mio compagno.
«E quindi?» sbraito verso il basso.
«Porta temporale, vediamo di sbrigarci» risponde asciutto.
Incasso la sua superiorità in fatto di meteorologia e proseguo mirando con l’occhio al canalone Findenegg, sotto il quale c’è la cengia della salvezza. La corda si consuma allontanandosi dall’ombelico della sosta, un friend traballante pochi metri sotto a dare l’illusione della sicurezza.
Tasto con i polpastrelli il calcare vecchissimo, toccando con voluttà la mia amante domenicale. Posiziono le dita e faccio affidamento sulla roccia, sento il ruvido che gratta la mia pelle. Ogni appoggio dei miei piedi sono migliaia d’anni di sedimenti stratificati, preparati con pazienza affinché io potessi goderne.
In alto troneggia il Montasio, ammantato, appunto, in una regale ed elegante nube lenticolare. Attende.
Il mio amico lo chiama Montaž, ché questa è terra bilingue di confine. Un italiano e uno sloveno in questo momento si dividono le emozioni sulla grande montagna.

Una precedenza mancata, una reazione scomposta, una striscia di gomma bruciata, poi il buio. Sulla piccola strada comunale di campagna, riversa sull’asfalto, una motocicletta è aggrovigliata sotto un fuoristrada. Ancora più sotto, Aljaž. Immobile.
Attorno a lui, per alcuni interminabili secondi, solo il lento movimento del sommacco dondolato dal vento e il sommesso ronzare degli insetti, come sempre indifferenti a tutto.
Poi il conducente del fuoristrada, illeso, si scuote dallo sgomento. Ed è un turbine di ambulanze, corse all’ospedale, notizie che si susseguono.
Quando tutti vanno via, una scarpa rimane sul ciglio della strada, nessuno l’ha notata.

«Molla tutto! Recupero!»
Saliamo in fretta, le difficoltà diminuiscono. Butto l’occhio in basso sul rassicurante e verde altopiano del Montasio, che è pronto ad accoglierci in grembo quando, come tutti gli alpinisti, come tutti nella vita, torneremo giù.
Guardo Aljaž che sale tra il tintinnio della ferraglia recuperata disordinatamente, un sorriso quando mi raggiunge in sosta. Siamo assieme su una montagna, perfetti e fortunati nei nostri trent’anni. Due donne giovani, intelligenti e splendide sono a casa ad aspettarci.
«Dov’è il tuo temporale?» butto lì, beffardo, al mio compagno. Dalla nostra posizione, l’azzurro sembra aver ripreso vigore e spazzato i nembi che si avviluppavano alle creste aggettanti.
«Nel 1986 un anafronte al Cervino ha fatto abbassare la temperatura di quindici gradi in mezz’ora» ribatte, enciclopedico e colto.
Butto l’occhio in giro, svagato, tra i vecchissimi pilastri chiari della montagna.
«Certo che queste crode sembrano le mie Dolomiti, no?» svicolo.
«…seguito da un temporale devastante. E comunque le Giulie sono più belle» aggiunge e punzecchia.
Riprendiamo a salire, siamo calmi e sornioni. Ancora un po’ di sfasciumi e usciremo dalla via. La vetta è lì, ancora pochi metri e ci sarà il solito rituale: l’abbraccio, la firma, il materiale da dividere, la fotografia di due sorrisi ebeti ma sinceri.

Una stanza di ospedale in città, lui che è in coma da ormai due mesi. Mi avvicino, inadeguato, a macchinari con piccole luci e tubicini, tra tenui bip che non so interpretare. Chiudo gli occhi e mi aggrappo a ciò che ho portato con me, una speranza: la possibilità che lui si possa risvegliare anche grazie alle emozioni forti, alla musica, a un racconto.
E allora guardo il mio amico su quel letto, disteso all’insù, immobile, a parte un lieve respiro, come un pino mugo al sole, con un leggero vento a scuoterlo. È bello come un satiro, con quei capelli biondi. Da qui gli spigoli delle Alpi Giulie sono lontani un milione di chilometri.
Infine con voce rotta, sgraziata, attacco per lui il racconto di un’avventura che non abbiamo ancora vissuto. Ma che si farà, presto o tardi.
Forse l’anno prossimo, forse quello dopo. Forse quando saremo quarantenni. Però ci sarà un settembre dall’aria frizzante e tutto quello che ho immaginato inizierà così, ascoltami bene Aljaž, che adesso inizio.
«Nube lenticolare!»…

logo blogger contest_2012

[ 2 e 3 classificato a pari merito bc.2012 ]

Una stanza di ospedale in città, lui che è in coma da ormai due mesi. Chiudo gli occhi e mi aggrappo a ciò che ho portato con me, una speranza.
Federico Balzan

Federico Balzan

Sono di Belluno. Mi piacciono le cose semplici da fare in natura, con pochi mezzi e senza troppe pretese.


Il mio blog | Il mio blog è tutto su una pagina e scorrere col mouse alla ricerca dei vecchi post è sempre più lungo, noioso e difficile, ma è anche utile perché all’inizio c’erano le cose peggiori. Cliccando l’icona in alto si accede a ViviDolomiti, che si occupa di montagna in tutte le sue forme: sportive, storiche, naturalistiche, culturali e letterarie.
Link al blog

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Esplora altre storie

Quando cammini sentieri e tocchi rocce da tempi che nemmeno ricordi, ti può capitare... Quando cammini sentieri e tocchi rocce da tempi che nemmeno ricordi, ti può capitare di andare oltre quella scorza superficiale dove i più si...

Ai piedi della Marmolada, il paesaggio di Rocca Pietore (di cui Sottoguga è tra... Ai piedi della Marmolada, il paesaggio di Rocca Pietore (di cui Sottoguga è tra i borghi più belli d’Italia) è irriconoscibile: fango, frane e...

Un racconto di vacche e turisti nel 1938 ... Un racconto di vacche e turisti nel 1938 ...

Possono una manciata di sentieri rimessi a nuovo cambiare il destino di un comunità?... Possono una manciata di sentieri rimessi a nuovo cambiare il destino di un comunità? Sembra di sì. A Sospirolo è da poco nato il...

Dietro l’arco gonfiabile della partenza, sotto un cielo nero da cui cadono radi minuscoli... Dietro l’arco gonfiabile della partenza, sotto un cielo nero da cui cadono radi minuscoli cristalli di neve, poco meno di 300 uomini e donne...

Storto e serpeggiante contro ogni senso pratico, era posto in una valletta stretta ed... Storto e serpeggiante contro ogni senso pratico, era posto in una valletta stretta ed incassata, vicino alla neve, sotto la punta di una vetta...

UNA METAFORA ... UNA METAFORA ...

Liberi di sbagliare… ricordo assai bene, toccandomi le cicatrici in varie parti del corpo...... Liberi di sbagliare… ricordo assai bene, toccandomi le cicatrici in varie parti del corpo... ...

Chi non ha come sogno nel cassetto un viaggio in un posto speciale? Per... Chi non ha come sogno nel cassetto un viaggio in un posto speciale? Per chi ama la montagna le mete desiderate possono essere tantissime,...

La scorsa notte ho dormito profondamente, come succede quando passo qualche giorno in montagna,... La scorsa notte ho dormito profondamente, come succede quando passo qualche giorno in montagna, lontano dalla frenesia del quotidiano. La scorsa notte ho dormito profondamente,...