Quello finto si può riutilizzare per diversi anni, insieme alle decorazioni di plastica che ricordo una a una nel momento in cui apro il cassetto della memoria in cui sono indelebilmente sistemate, anche a chilometri di distanza. Ora sono qui, c’è la Luna piena e dal Vietnam faccio partire le pratiche per ottenere il visto per la Cambogia. Non è Natale da tutte le parti del mondo, non nel sud est asiatico in cui si osserva la tradizione Buddhista scandita dal calendario lunare. Che ne sa la Luna piena ai tropici del Natale, che ne sanno le palme da cocco sulle spiagge e i 30 gradi la notte a dicembre.
È il primo Natale dopo almeno cinque anni che trascorro lontana da casa. Prima di allora c’era ancora mia madre e lei teneva a celebrarlo insieme, pur essendosi sempre definita orgogliosamente atea. Aldilà del significato religioso cristiano, rappresentava un momento per essere insieme, nella cruda e semplice realtà. Senza esserne pienamente cosciente, in quei casi mia madre mi insegnava a onorare Dio nella sua forma più essenziale, perché cosa è Dio se non stato di unione.
A Natale quest’anno sarò in un luogo sconosciuto insieme a sconosciuti. A Natale sarò una straniera. Dovrò farmi una casa lungo la strada, una casa temporanea. La neve scenderà sulla spiaggia e ricoprirà le foglie delle palme da cocco.
In questo peregrinare mi sento fuori da tutto. Quando mi trovo in situazioni accomodanti, in un hotel, in un ristorante in stile occidentale o in un tour turistico, ho la sensazione di essere un’intrusa. Il mio modo di muovermi diventa randagio. Vado in cerca di soluzioni non previste. La mia pratica quotidiana è eludere tutte le traiettorie preimpostate per una persona che arriva da un paese più ricco per viaggiare in uno più povero. L’essere identificati come cash ambulante, è lo scotto da pagare per ogni occidentale. È il debito che ci portiamo dietro, rigurgito della disuguaglianza creata dal teatro mondo.
Le persone qui ti bramano e ti odiano. Sei portatore di risorse economiche, ma stai facendo qualcosa che per la gran parte della popolazione non è accessibile per cultura e politica del sistema. Io cerco di ribaltare la dinamica, di non assecondare la principale aspettativa che loro hanno su di me. Se paghi solitamente tutto si risolve. Io invece non pago e vado in cerca dell’altro che sono.
Non dormo quasi mai nelle Homestay, me ne sto accucciata nelle case della gente che mi offre ospitalità. Non noleggio le biciclette e i motorini per muovermi. Vado a caccia di local bus, anche quando ti dicono che non sono operativi per farti scegliere il pacchetto turistico. Oppure cammino fino allo sfinimento e poi al limite chiedo un passaggio lungo la strada per tornare indietro. Dio un motorino diretto in città te lo offre sempre sulla via, specie se piove da ore e hai la pelle dei piedi si scioglie.
Vado a mangiare nel ristorante local anche se non hanno il menù e non capisco che cibo preparano. Loro non parlano inglese e io non parlo la loro lingua. Alla fine però mi portano qualcosa al tavolo e io mangio.
Non si tratta solo di una questione di soldi e risparmio. Io voglio sfidare il mondo a vedersi aldilà di questo genere di scambio su cui abbiamo impostato i sistemi sociali e politici delle nazioni. Dietro ogni via asfaltata dal denaro, esiste il sentiero sterrato in cui sentire ancora odore di alberi e bestie. Cosa rimane senza il filtro protettivo e anestetico dei dollari, degli euro, dei riel o dei dong? Di quali altre energie di scambio disponiamo per dare e ricevere? Io mi espongo nuda sulla strada. Ciò che offro è la fame di vederti, di mostrarmi, di spogliarci e vedere cosa resta oltre quello che pensiamo di possedere.
Tell me what you see there in your newly discovered world… Like the description of the cargo boat rides on you FB page, very real… Then tell me how you feel, and why… So I can be there with you, too.