Siamo seduti a un grande tavolo in uno dei ristoranti del centro, e mangiamo il primo Daal Baat, il piatto tipico nepalese, che impareremo a gustare davvero solo con il passare dei giorni.
Ci aspettiamo molto da questo viaggio, organizzato da e per un gruppo di persone che ruotano intorno alla sezione bellunese del CAI. Siamo vestiti come siamo arrivati: con i nostri jeans, le nostre camicie e cinture; nelle nostre parole di quella prima sera c’è tanta montagna: respiri di vette, bramosia di toccare i piedi dei grandi Ottomila. Fra noi ci sono scalatori e scialpinisti con una lunga storia d’amore con la montagna alle spalle.
Mentre saliamo quel primo giorno ci sentiamo già in estasi, anche in modo eccessivo come tutte le prime volte più immaginative che reali, mentre un giovane portatore nepalese seduto sui gradini dedica tutta la sua attenzione a dei video virali su TikTok. Noteremo lungo tutto il cammino, sia in villaggi che in città, che là dove non sono arrivate ancora le strade – quasi tutti i villaggi che abbiamo attraversato non sono collegati ad altri e alla città più vicina tramite strade, ma solo da mulattiere – è arrivato TikTok, l’imponente social network cinese che unico sta cercando di tenere testa ai colossi di Mark Zuckerberg. Una piccola finestra sul mondo che vuol mostrare.
Il Nepal sta cambiando, ci raccontano Uttar e Birash: ora le ragazze studiano almeno quanto i loro coetanei maschi, anzi, ci si impegna maggiormente a far studiare le bambine, perché “è da lì che passa il progresso del nostro paese”. La mentalità del controllo delle nascite sta prendendo piede anche nelle zone rurali; sono fortunatamente sempre meno le famiglie molto numerose, ci spiegano.
Arrivati a Ulleri beviamo per la prima volta te e biscotti, e i bambini giocano a palla. I nostri giovani tentano di sfidarli a pallavolo, ma non ci accolgono volentieri. Forse con l’amico bianco hanno giocato abbastanza, pensiamo. I portatori nepalesi stanno per conto loro, dormono sempre lontani dalle nostre stanze; non deve esserci troppa commistione. Meno di venti giorni dopo, alle porte della Città, una distesa di Tagete arancioni avrebbe visto dalla finestra di una casa antica, vicine da non distinguerne i volti, un gruppo di persone ballare insieme ridendo, alternando un ritmo nepalese e un ritmo latino. Tante barriere erano cadute, e la montagna regge lo specchio.
Mentre leggevo rivedevo le immagini e risentivo tutte le emozioni. Grazie! Ciao