VALLE DEL MIS, LA RÉUNION DI ALTITUDINI

L'11 e il 12 giugno in Valle del Mis, nelle Dolomiti Bellunesi, si è svolta la Réunion di altitudini. Una occasione speciale per conoscere gli autori di altitudini e ascoltare le loro storie.

Gena Media (ph. Daniele Ceddia)
26/06/2022
12 min

La Valle del Mis, la più enigmatica delle valli del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, “con le sue vallette laterali che si addentrano in un intrico di monti selvaggi e senza gloria, dove sì e no passa un pazzo ogni trecento anni…” come veniva descritta da Dino Buzzatti, ha ospitato la Réunion 2022 di altitudini e la premiazione dei vincitori della 10a edizione del Blogger Contest. Ancora una volta è stata un’occasione speciale per incontrare gli autori di altitudini (blogger, podcaster, scrittori, illustratori, fotografi, musicisti, cantanti) che sono arrivati da diverse regioni d’Italia e per festeggiare i dieci anni della rivista, nata proprio tra queste montagne. Ecco com’è andata…

Marina Consolaro / Pericoloso dire a me di scrivere un commento alle due giornate trascorse in Valle del Mis: potrei andare avanti ore. Anni fa mi piaceva scrivere alle Lettere al Direttore di un quotidiano, interloquendo su temi caldi, per lo più educativi e spesso il mio contributo veniva pubblicato con la risposta del Direttore. Ma mai avevo vinto un premio per un mio scritto. Potete immaginare l’euforia ma anche la tensione di andare in un posto nuovo, dove non conoscevo nessuno, lontano e portando una storia… faticosa. Certo, come dice Valter (mio marito), mi sono costati molto quei tre libri del mio premio e ci ho impiegato meno a scrivere il testo “Ad ognuno il suo monte Analogo” che fare andata e ritorno Varese/Valle del Mis/Varese.

Arrivare in Valle ad un’altezza non tanto maggiore di quella di Varese, ma immersi nel verde, con un bel lago seppure artificiale, una valle selvaggia che ci ha regalato “monti pallidi” sullo sfondo e pendii scoscesi e verdi da ogni versante, è stata una bella sorpresa. E poi le persone.
Mentre salgo verso il tendone attrezzato per l’incontro, un caldo “Ciao, Marina” mi stupisce e mi fa fermare immediatamente: sembra la voce di una persona che mi conosce da sempre e che mi rivede dopo un po’ (e forse è un po’ così…): è la nostra Presidente di Giuria che solo il giorno dopo scopro essere la persona cui ho fatto un semplice ‘complimento’ tempo fa dopo la lettura del suo articolo su Miotto.
Non ricordavo nulla, nemmeno il nome di Miotto se non per averlo incontrato nel libro di Marco Albino Ferrari che sto terminando ora. Va’ a capire come lavora il nostro cervello alla nostra età e soprattutto quando la vita lo ha messo a dura prova. E poi si susseguono interventi (Buzzati, Rigorni Stern) e poi i vincitori dei premi: non di tutti avevo letto su Altitudini (mi rendo conto che faccio proprio una vita di “m” se non riesco a fare quello che mi piacerebbe fare).

E poi la cena… sobria (dal matrimonio di mia cugina trent’anni fa non mangiavo così tanto in un ristorante!) che ci ha rubato un po’ di tempo ma in realtà ci ha permesso di conoscere le persone che avevamo a tavola vicine e che ci hanno raccontato squarci di mondo che noi non vedremo mai: ma che importa! Ce li hanno regalati loro, con il loro entusiasmo e il loro sguardo pulito sul mondo.

Il momento più temuto si avvicinava: nel cuore di una serata arricchita di stelle e luna, con un freschino che a 400 metri a giugno ti scordi, con un pubblico di un’attenzione e di una capacità di ascolto cui non ero più abituata, è il momento di ricevere il mio premio, ma soprattutto è il momento di raccontare la mia storia. Nessuno di noi ha il coraggio in quell’atmosfera magica di dire che il mio racconto ha come centro la morte di mio figlio Matteo. Troppa roba. Alcuni che non avevano letto il racconto non capiscono di cosa si stia parlando, almeno fino ad un certo punto. Ma poi vado, prendo il microfono e parlo di Casa Matteo che è il nostro guardare avanti in nome di Matteo in favore di altri giovani. Il silenzio che si forma attorno è commovente, palpabile e si rompe con l’applauso liberatorio finale. Grazie. È un’emozione forte, molto.

Andiamo alla nostra casetta che condividiamo con una simpaticissima coppia romana, Giulio e Debora, di cui mi porto a casa lo stupore per quanto io e Valter siamo stati silenziosi nel riordinare casa e uscire all’alba, l’abbraccio caldo e forte di Debora al saluto finale, ma anche un’e-mail ed un numero di telefono: non si sa mai che andiamo anche a Roma o che lì ci finisca il nostro figlio clarinettista prima o poi per qualche concerto.

Il resto è camminata nel bosco, salita, fiatone, sudore, caldo, chiacchierata via via con diversi ‘colleghi’ di altitudini; è laboratorio di scrittura, è ascolto di storie calde, belle, di racconti da chi quei luoghi li vive da sempre pur avendoli lasciati per un gran numero di anni. Il resto è scoperta di un amore per la propria terra che non è amore esclusivo ma condivisione di racconto, di clima. Ti senti a casa e senti il bello di vivere la montagna così e non come sfida, competizione, fuga dalla città, dai propri pensieri bensì come dimensione della vita, del condividere, del completarsi ascoltandosi e camminando insieme. Per poi tornare ciascuno alla sua vita. Io però ci torno con una nostalgia in più: quella di non riuscire ancora a vivere così la quotidianità, la ferialità, ma solo la ‘festività’, l’eccezione e non la regola.

Un ultimo regalo la Reunion me lo ha dato nell’incontro con Elia, il nostro giovane accompagnatore, l’ultimo che ho salutato lasciando la Valle, sperando quasi di non incontrarlo per non far succedere quello che poi è successo: un pianto dirotto nell’abbracciarlo. Perché sì, Elia assomiglia moltissimo fisicamente a Matteo ventenne: stesso taglio e stesso colore di capelli, stessa rosa in cima e ricciolino sulla nuca, stesso modo di tenere le mani in tasca e la schiena diritta con lo zaino indossato, stesso profilo… Gli ho regalato la foto del nostro Matteo mentre mi scusavo ma, accidenti, non avrei sciolto quell’abbraccio mai perché per un attimo, ho sognato di essere ancora abbracciata a Matteo.

Il 07 agosto 2020 mi ha sottratto tantissimo, l’indicibile, ma mi sta regalando tanto: innanzitutto uno sguardo nuovo sulla vita e la libertà di essere ciò che sono stata chiamata ad essere.

Info:
Casa Matteo Varese. Progetti e attività con i giovani e per i giovani.

Raffaele, Elizabeth, Valter e Marina

Alessandra Cella / Tanti volti, tante storie, sorrisi e occhi pieni di bellezza. Provo gratitudine per questo tempo. Per le parole che ho ascoltato, per i ricordi, le testimonianze e le crepe, che ci va fiducia a condividere tanto con altri esseri umani. Evidentemente, voi di Altitudini, siete stati capaci di creare un’intimità che si è fatta nido. In particolare, un sentito grazie a Marina. Il suo “senso di stelle” lo porterò sempre con me.

Giulio Carcani / Voci dalla valle del Mis. L’allontanamento dal sistema delle valli, per noi di città, è un tempo buono. Il tempo del ritorno aiuta la mente a sistemare per lasciare posto a quello che verrà, che si farà ricordo. Tra il sonno e la veglia, mentre le montagne sfumano nella grande pianura, fa sorridere il fatto che sia ancora possibile incontrarsi per ascoltare storie. Sì, è un conforto. “Le storie sono di tutti, la storia è solo dei vincitori”. Oltre Padova le zolle di terra, tirate per chilometri con linee geometriche, incutono il timore di un disegno incommensurabile e senza scampo. Non ci sono alberi, gli uccelli non costruiscono il nido, le erbe spontanee non si insinuano, gli insetti non hanno fiori da baciare: l’uomo si è fatto ultimo detentore di questo equilibrio infelice. Il grande fiume più giù è terribilmente basso. L’acqua del torrente, che scava le buche tonde nell’alta valle del Mis, finisce qui. E poi nell’Adriatico. Piccole gocce si fanno fiume e nel transito danno acqua al giglio asfodelo, giallo e ben in evidenza nel sentiero che sale dietro il campeggio di Pian della Falcina. Le cose preziose a volte sono nascoste al quotidiano, ma stanno lì, come la valle.
E allora serve il tempo, che ora scorre verso l’Appennino, a disegnare facce con parole, chiaroscuri di sensazioni, colori, curiosità. Il tempo della diversità umana che si racconta, che ascolta con reverente tenerezza, accorta partecipazione, in punta di piedi. Una splendida comunità temporanea di insorti si è radunata lassù, nel nome della gentilezza e della coscienziosa e difficile pratica dell’inutile. Una dedizione che sfuma nelle spighe di grano, disegnato dal vento in ipnotiche onde senza fine, ai piedi della rocca di Orvieto. La grande città con il suo brulichio di infiniti desideri si staglia all’orizzonte, ma il battello ha veleggiato, sospinto da parole, sguardi, emozioni, timidezze pudiche e sentimenti.
Un grazie a tutte e tutti, in particolar modo a chi da anni organizza tutto questo.

Giulio

Debora Papetti / Il giardino segreto della Valle del Mis. Nella valle del Mis l’acqua del lago creato dagli uomini sommerge silenziosa villaggi e storie di un tempo che fu. Intorno strette strette, altissime montagne ormai ricoperte di fitta boscaglia non permettono allo sguardo di evitare lo sforzo di cercare un passaggio, una casa o un segno della presenza dell’uomo. Splendido il paesaggio che ci abbraccia in una natura che sembra appartenere per noi ai racconti dei nonni. Qui un gruppo di persone si raccoglie per raccontare storie e per portare testimonianza del soffio vitale che tutto questo ha generato. Non si conoscono, alcuni si ma non ha importanza. Alcuni hanno perfino vinto un premio altri li accompagnano, ma non ha importanza. Succede che alcuni portano con sé un oggetto caro e raccontano e cantano e recitano agli altri cosa significhi per loro. Le anime si schiudono e si mostrano con naturalezza e semplicità spiazzante, sono bambini che mostrano agli altri bambini il tesoro più caro e segreto. Chi ascolta e invece non ha portato niente è incantato dalle voci, dalle emozioni, dai ricordi e dalla profondità dei pensieri. La condivisione autentica amplifica e tutto passa come un filo di energia che rivitalizza i cuori e i pensieri da uno all’altro come una preziosa magia.
Si cammina poi insieme e si sale insieme su su sulla montagna fino a Gena paese antico teatro della vita raccontata e lì un uomo alto dagli occhi che guardano lontano racconta a tutti la sua storia. Parla lì di un luogo remoto, la Tasmania dove oggi vive. Mentre parla sembra di essere rimbalzati indietro nel tempo. Noi, i compagni di villaggio a Gena, lui che torna da un luogo esotico che nemmeno possiamo pensare sia vero e lui che cerca di descriverlo. Magia.
Due giorni fuori dal tempo, due giorni incantati cullati dalle voci e dai pensieri, quelli belli.
Grazie per questa magia a tutti quelli che sono riusciti a renderla possibile.

Luisa MandrinoSiamo abituati a scrivere, pubblicare storie sui social media, vedere, a volte senza neanche vederle davvero, milioni di immagini. Sempre meno siamo abituati ad ascoltare. Immagino un vascello con le vele spiegate e la prua accarezzata dal vento. Sento le voci, i rumori sul ponte, le grida degli uccelli e i passi di quella cosa che chiamiamo ignoto avvicinarsi e senza far rumore, nell’agitazione della partenza, impossessarsi della nave. Una certa calma invade il cuore, l’orizzonte si distende come se fosse un sogno appena incominciato e i giorni di una nuova avventura si animano di storie. Abbiamo lasciato a casa tutti i vecchi strumenti a cui ci ha abituati la tecnologia. L’unica cosa che ci rimane è la voce per raccontare ciò che siamo, o che siamo stati, o che vorremmo diventare. La nave sale tra i sentieri, nei boschi che un tempo erano pascoli, specchiandosi sulle pareti bianche e soleggiate. Siamo sui Monti del Sole.

Abbiamo già scritto, già disegnato, già spento i microfoni a cui abbiamo affidato la nostra sensibilità. Non rimane che raccontare seduti in cerchio, minuscoli bipedi davanti alla pareti eppure grandi fin quasi a toccarne la cima con le mani. Parliamo di uomini e donne ma anche di animali, di sabbia e di vento, di nevi perenni e di paesaggi che dobbiamo proteggere, perché non vadano perduti. La voce non ha limiti, non ha confini, non conosce dislivelli, semplicemente va, corre, aspetta, compone emozioni come un musicista che in solitudine, chino su uno spartito, lavori a una sinfonia ascoltando il mondo che continua a pulsare, produrre, distruggere, creare.

Un giovane autore del Blogger Contest ci ha avvisati prima di ricevere il suo premio: Non createvi aspettative! Si riferiva al fatto che prima di lui altri avevano cantato, recitato, suonato, portato la loro storia nelle forme tanto care alla creatività. Ci ha fatto ridere con questa battuta, poi ha acceso con le sue parole un ricordo d’infanzia così reale che pareva di averlo lì, davanti agli occhi: c’erano due biciclette, un bambino e suo padre. Una sorta di tenerezza ha invaso il mio cuore. Tutto passa, il tempo corre ancora più veloce dei velocissimi meccanismi del nostro mondo moderno. Ma se ti trovi una sera in Valle del Mis, con il mormorio del lago, le lucciole nell’erba e tanti occhi che si illuminano sotto un tendone bianco, allora il tempo si ferma. Si torna a un momento regalato da una voce, da tante voci: allegria e malinconia si legano in un nodo indissolubile, non so se ha un nome e non so nemmeno come si fa, però posso tenerlo tra le mani, imparare il suo giro misterioso e a un certo punto, senza paura, affidarmici.

Luisa

Luca Serenthà / Sono stato davvero contento di aver scelto di venire (avevo un altro impegno a cui ho rinunciato), me li sono proprio goduti questi due giorni. Si è creata una speciale alchimia, grazie ai contributi degli autori e degli ospiti, a chi ci ha raccontato del territorio a chi ha tenuto le fila del dell’organizzazione che se ci fosse stato un terzo giorno (benché non possibile perché molti hanno impegni di lavoro) sarebbe andato avanti il tutto senza una struttura, perché ormai il gruppo era formato e si era creata una bella sintonia di storie, incontri e scoperte.

Sara Invernizzi / Alla Reunion di altitudini in Valle del Mis io c’ero, forse perché una parte di me già sapeva che sarebbe stata un’esperienza importante. Mi piace Altitudini proprio per quello che riesco a leggere oltre le storie che vengono pubblicate online. Quello che è emerso ascoltando gli autori che hanno portato qualcosa di loro è stata una grandissima profondità: persone con le quali so di poter condividere qualcosa. Anche se mi sono sentita proprio un lòch, un po’ goffa e agitata, è stato bello provare a raccontare qualcosa di me – nascondendomi in parte, ma presente in mezzo a persone che ho solo iniziato a conoscere. Proprio come la Valle del Mis: un approccio che mi ha lasciata incantata e curiosa di conoscere meglio la selvatichezza, gli anfratti, gli umori delle stagioni.
Mi sento già affezionata a questo gruppo di esploratori e narratori, di compagni e amici.
Non vedo l’ora ci sarà un’altra occasione per poterci rivedere. In previsione di quel momento, mi rendo disponibile per un aiuto se fosse necessario, perché apprezzo davvero molto quello che fate e come lo fate. Apprezzo il valore delle persone che coinvolgete, la cura che dedicate e l’attenzione per le persone, per le parole, per le immagini e i momenti di cui ci avete fatto dono.
Mi è piaciuta la cena, era abbondante e per questo è stata un’ottima occasione per conoscersi meglio e ci ha dato l’opportunità di dimostrare che tutto può andare benissimo, anche se si sconvolgono un po’ i programmi.
Così come il temporale alle 7.00 del mattino, mentre eravamo in partenza per i Piani Eterni: è stato l’occasione per intraprendere un viaggio diverso, con la voglia di tornare.
Per questo mi piace dire che in Valle del Mis io c’ero, senza punto, ma con una bella virgola, proprio come in Daumal. Il viaggio non è concluso. A presto quindi.

Sara

Paola Cosolo Marangon / Rèunion, che sorpresa! Ero già stata a Sospirolo per lavoro, ricordo perfettamente la sensazione di pace nel rivolgere lo sguardo ai Monti del Sole. Non mi ero mai spinta nella valle del Mis. La prima idea balzata alla mente mentre percorrevo la galleria è stata: non si dovrebbe venire in macchina. Mi è sembrato di violare un territorio, si dovrebbe calpestare con delicatezza e osservare passo dopo passo.
Arrivata al lago mi ha colpito il gran numero di macchine, povero lago mi sono detta. Non ero lì per il lago, bensì per la mitica Réunion. Era tutto nuovo per me, il luogo, le persone, il contesto. Mi sono infilata così, senza alcuna certezza di essere al posto giusto. Ho cercato tra la gente se potevo individuare Teddy poi l’ho riconosciuto quando ha iniziato a presentare la giornata. Me lo immaginavo così? Non lo so, ma mi è piaciuto subito.
Con il primo contributo è iniziata una magia, una sorta di successione di belle cose, persone tutte speciali per davvero, talenti insoliti, capacità di narrare e tanta passione. Ero l’unica a non aver vinto niente, ero lì per curiosità e riflettevo sulla mia storia, sul mio Monte Analogo. Ci stava, anche se non era premiato, ritrovavo il filo che si intrecciava con tutti gli altri. La cena, come sempre accade, ha fatto da collante tra noi. Battute, informazioni scambiate, pezzetti di vita condivisi di corsa ma con la leggerezza tipica del convivio.
Non ho partecipato all’escursione del giorno dopo, ho bisogno di prendere le esperienze a piccole dosi, tra l’altro era il primo incontro collettivo dopo il periodo Covid, non avevo mai partecipato a incontri così affollati prima e una sorta di anestesia o capogiro ancora mi catturava.
La mattina della domenica, all’alba, sono andata a godermi il lago, le montagne sembravano uscire dall’acqua mentre la luce del giorno si faceva largo e non capivi se era il cielo o l’acqua a schiarire. Alcune allodole si rispondevano tra i rami e un cuculo impertinente martellava con il suo verso. Sono rientrata nelle mie montagne con il verde del lago negli occhi, con la simpatia dei partecipanti nel cuore. Mi sono detta che non posso far altro che inchinarmi di fronte a tanta bravura, spontaneità, simpatia, talento, passione.

Marco Rossignoli / Robert MacFarlane, uno dei miei autori favoriti, scrive nelle sue pagine: ”La montagna aguzza la capacità di provare stupore” e non é ancora stato a una Reunion di Altitudini. Quanta meraviglia, quanta bellezza. Penso che ne vivrò di rendita per settimane. Nel viaggio di ritorno verso la pianura continuavo a pensarci e ne conversavo con Melike . Quanta energia, passione e capacità in quelle persone. Mi sento un privilegiato a esserne stato testimone.

Gena Alta, acquerello di Marco Rossignoli

Alba Barattin / E’ stato un onore conoscervi, condividere con le persone ricettive e aperte a molti e diversi mondi quali voi siete, la mia passione per alcuni autori che hanno percorso la Valle del Mis e ne hanno scritto. Castiglioni, Buzzati, Meneghello: la vita nelle sue imprevedibili giravolte li ha portati tra questi monti; la loro opera li ha riconosciuti, e a noi restituiti, quali testimoni e custodi di storie sommesse, ma non per questo meno grandi. Ai magnifici tre permettetemi di aggiungere una personalità della cultura forse per molti inaspettata: Antonia Arslan, 1938, l’autrice de “La masseria delle allodole” e italianista importante. Chi vuole ancora assaporare il fascino di Sospirolo e dei suoi paesaggi, ricava grande piacere dalla lettura de “il rumore delle perle di legno”, dove le estati trascorse da bambina a Susin dalla scrittrice diventano ricordi pieni di arguzia e commozione.
Infine, un doveroso ringraziamento a Patrizia Dalla Rosa, responsabile della ricerca per il Centro Studi Internazionale Dino Buzzati di Feltre. E’ suo il titolo della Reunion di Altitudini in Valle del Mis.

Raffaele Negri / Il mio contributo è questo disegno della Valle del Mis. Il minimo che potevo fare per ringraziare tutti di questi due giorni meravigliosi colmi, insieme, di impegno e leggerezza. Ho incontrato e conosciuto unicamente persone vere e radiose, degli autentici Monti del Sole erranti; belli e sfolgoranti sotto il limpido cielo azzurro non meno delle cattedrali di roccia che hanno cominciato a scorrazzare nei miei sogni. Grazie ancora e a presto!

Raffaele

altitudini / Grazie a chi per arrivare in Valle del Mis sì è fatto 600 chilometri in metrò-treno-corriera e anche a chi è arrivato in auto dalle Alpi Orientali, Occidentali, dagli Appennini, dalle pianure lombarde e a chi è arrivato a piedi con zero emissioni;
ai “local” che si sono fatti vedere;
a chi è rimasto solo un’ora e chi non si è perso nemmeno un minuto (per due giorni interi);
a chi ha anticipato o prolungato il viaggio;
a chi ha detto: “mi è piaciuta la cena”;
a chi ha atteso paziente fino all’ultimo la storia di Marina, e grazie anche a Marina;
a chi ha disegnato, suonato, recitato, cantato, declamato, guidato, scritto, dialogato e camminato;
a chi non ha chiesto nulla perché gli andava bene tutto;
a chi non ha vinto nulla ma era lì con noi;
a chi non conosceva nessuno ed è diventato amico di tutti;
a chi ci ha fatto riflettere, sognare, ridere e anche piangere;
a chi ha portato un corno, tante corna, un sasso, tante piume, un berrettino da ciclista, una sola nota musicale e un cagnolino (di legno);
a chi ha mantenuto il segreto di non svelare il segreto di chi tra noi era Aronne Pel;
a chi ha montato bandiere, teli, luci, casse, panche e tavoli con la massima puntualità;
insomma, grazie a tutti Voi;

ai  vincitori e ai premiati del BC2021 che sono arrivati in Valle del Mis presentandosi con un oggetto, un disegno, una canzone…: Silvia Benetollo e Raffaele Negri (1° posto e 2° posto per le “web comics” ); Francesca Camilla D’Amico (3° posto per le “audio storie”), Alessandra Cella (1° posto per i “racconti brevi”); per i premi speciali degli sponsor Marco Rossignoli (premio PalaRonda), Giulio Carcani (premio Unione Valdostana Guide Alta Montagna), Sara Invernizzi (premio Carnet de Voyage di Rene Daumal), Francesco Cestari (premio Mulatero Editore), Marina Consolaro (premio MonteRosa Edizioni);

agli ospiti speciali: Alba Barattin che, nel cinquantesimo della morte di Dino Buzzatti, ha parlato di “La Valle del Mis, quello strano paesaggio che Dino Buzzati aveva nell’anima”; la nostra presidente di giuria Luisa Mandrino, autrice del volume “La forza della natura”, ha raccontato “Il mio incontro con Franco Miotto e con i Monti del Sole”; Antonio G. Bortoluzzi che ci parlato di un uomo (montanaro e grande scrittore) che è riuscito a comprendere il mondo pur vivendo sempre nello stesso paese: “Una vita maestra segnata da tre rivoluzioni. La lezione di Mario Rigoni Stern” e infine a Fabio Copiatti e Andrea Pasqualotto che si sono confrontati su due parchi nazionali tanto lontani quanto simili: “Val Grande e Dolomiti Bellunesi: civiltà e selvaticità”.

Domenica, lungo il cammino, abbiamo incontrato Stefano Sanniti, anima del Centro Studi Montagna Sospirolese; Luigi Case, voce autentica dei villaggi delle Gene; Johnny Bertelle, spirito libero sospeso tra la Tasmania e i Monti del Sole, Daniele Ceddia ci ha coinvolto in un laboratorio di scrittura naturalistica in cammino, mentre Elia Moro (socio del Centro Studi Montagna Sospirolese) è stato la nostra guida per tutta la giornata. Anche a loro il nostro grazie.

Grazie ai presentatori: Luisa Mandrino, presidente della giuria del BC2021 e Davide Torri editor di altitudini; grazie a chi ha aiutato negli allestimenti e nella regia: Nicola Carpene e Piero Carniel.

E infine grazie anche a tutte le persone che si sono unite ad altitudini e, senza sapere bene cosa gli aspettasse, hanno portato il loro contributo di storie, esperienze e amicizia.

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