Sembra strano pensare che vi possano essere cime poco frequentate all’interno di un gruppo montuoso così conosciuto, eppure anche nei luoghi più pubblicizzati delle Dolomiti si possono ancora vivere esperienze di totale solitudine.
Il sottogruppo in questione viene chiamato “I Mugogn” in ladino. Esso consiste nel susseguirsi di cinque cime, di cui le principali sono la Sud, quella Centrale e la Nord. Ai tempi in cui vidi quelle vette non frequentavo ancora assiduamente la montagna, e le mie escursioni consistevano nell’affrontare ferrate e percorsi segnalati con mio padre e mio zio, coloro i quali mi hanno iniziato all’ambiente montano fin da adolescente. Con il tempo acquistai fiducia nelle mie capacità e cominciai ad affrontare alcuni percorsi non troppo difficili da solo; l’esperienza mi avrebbe portato ad esplorare luoghi sempre più selvaggi e isolati, aiutandomi ad apprezzare il lato meno conosciuto delle montagne, quello dei pionieri dell’alpinismo, i quali si affidavano unicamente al loro intuito e le loro capacità di orientamento.
L’anno scorso ad agosto, decisi che fosse arrivato il momento di tentare la salita a quelle cime, grazie ad una relazione trovata nel libro di Andrea Gabrieli, pubblicato da Luca Visentini, dove erano descritte le vie normali di salita alle cime del Catinaccio. Fu così che mi svegliai presto per arrivare al passo di Costalunga verso le 5.30 del mattino, per cominciare la salita alle prime luci dell’alba. Percorsi facilmente tutto il sentiero che mi portò fino alla gran Busa de Vael, stupenda conca glaciale chiusa a settentrione dalle cime delle Coronelle e dei Mugoni. Da tale catino ghiaioso tentai di approcciare la prima cima della giornata, quella meridionale; all’inizio faticai a trovare la traccia, ma dopo pochi minuti riuscii ad individuare il primo di una serie di ometti di pietra che mi avrebbero guidato lungo la parete appoggiata che portava in cresta, affrontando passaggi su roccia tra il I e II grado.
Grande Alberto. Descrizione completa e appassionata. Si percepisce l’ amore ed il rispetto per la montagna condito con ottimo senso dell’ orientamento ed un pizzico di spregiudicatezza giovanile.
Complimenti per l’ardita traversata e per la tua relazione, dalla quale emergono le forti emozioni che riesci a trasmettere e soprattutto il tuo grande amore per la montagna. Bravo Alberto! Non vedo l’ora di scalare ancora insieme.