Un’immagine la cui lettura richiede una quantità di informazioni che riguardano il luogo, i personaggi, l’attrezzatura e altro.
Come dicevamo, il luogo è la vetta del Piccolo Sass Maòr (questo il nome del picco oggi noto come Cima della Madonna), salito per la prima volta da Winkler e Zott nel 1886, per il liscio camino che incide la parete nord e che oggi viene solitamente percorso in discesa. La via scelta dagli alpinisti, su suggerimento delle guide, era sulla parete opposta, aperta da Bettega nel 1897, accompagnando gli inglesi reverendi Raynor e Phillimore, che comporta un passo che ancora oggi viene accreditato di quarto superiore, superato con una sicurezza che suscita l’ammirazione dell’occidentalista Rey:
“È sorprendente la precisione geometrica con cui le guide delle Dolomiti risolvono questi ardui passi; hanno a mente ogni punto, ogni angolo, misurano le distanze esatte col compasso delle gambe, descrivono col corpo le curve precise, con tale metodo e speditezza da far sembrare facile gioco ciò che è un avventuroso problema. […] Qui è un passo solo, ma s’impiega un tempo infinito a compierlo …”
Certo erano guide di prim’ordine, Michele Bettega e Bortolo Zagonel. Undici anni erano passati da che erano stati ingaggiati dall’inglese Beatrice Tomasson e l’avevano guidata su quella che oggi è la classica alla Sud della Marmolada. Del resto, i due “viaggiatori” che da Torino si erano spinti fino alle Alpi Tirolesi, ne portavano grande stima:
“Essi sono rimasti dei montanari schietti quasi siano ignari delle loro glorie e solo consci del loro vigore; umili di quella umiltà dignitosa e cordiale che di alcuna delle grandi guide nostre fece degli amici ad alpinisti illustri di ogni paese. E a tutta prima, squadrando Bortolo Zagonel che pare tratto fuori da un macigno, tanto è saldo e massiccio e che ha un volto impastato di bontà e di astuzia, non mi trattenni dal ripensare al mio buon Castagneri; ed anche più nel vedermi davanti la figura di Michele Bettega ebbi per un momento l’illusione che quel volto riarso, dalle righe energiche, dalla grigia barba incolta, dall’occhio vago che guarda lontano, io l’avessi trovato altre volte in qualche mia avventura, non sapevo bene né quando né dove, se presso una fonte in un chiaro mattino mentre sbocconcellava il primo pane della salita, o la sera, nella scarsa luce di un rifugio, intento a fumare la pipa del riposo … Era lo spirito della montagna che ravvisavo nella vecchia guida, ardente ancora della passione di tutta la sua vita non stanca da quarant’anni di lotta, pronta ogni istante ad accorrere fin sulle vette più ardue ove essa aveva conquistato le prime glorie, a ritornare ancora una volta sul suo Cimone salito le trecento volte.”