Nel Percorrere la Cresta Signal non si fa una via alpinistica ma si compie un vero e proprio viaggio, come dice Paleari. Abitualmente si salgono le cime del Rosa arrivando, con la funivia oltre i 3000 metri, nel nostro viaggio partiamo dai 1300 metri di Alagna attraversando boschi di faggi e conifere, man mano che si sale rimangono solo le conifere, poi solo arbusti, erba e bellissimi e piccolissimi fiori. Proseguendo si vedono grandi rocce di svariati colori, sfasciumi e ghiacciai, più in alto le creste ghiacciate e sommitali, poi un misto di roccia e neve per arrivare alle immacolate distese bianche che circondano la Capanna Margherita.
Arriva l’alba ed è pura magia. Il monte Rosa deve il suo nome dal termine “rouese“, parola che in patois che significa ghiacciaio. E’ altrettanto vero che all’alba e al tramonto per un breve periodo, il sole illuminando ghiacciai e rocce, prevalentemente chiare del massiccio, lo colora di Rosa! Questo spettacolo si perpetua da sempre ed è visto da milioni di persone, in tutta la pianura padana in ogni giorno sereno, fenomeno che si amplifica durante le terse giornate invernali. E’ una visione che toglie il fiato, da est, la “mia“ valle, arriva piano piano a fare capolino il sole dando di lì a poco luminosità, calore e la forza nel proseguire.
Abbiamo ormai superato il colle Signal e il risalto detto anche Gendarme, subito dietro il risalto inizia la parte intermedia della salita e la via non è facilmente individuabile. Alberto ed io siamo tranquilli in quanto la nostra guida alpina Mauro conosce perfettamente il percorso, ma i due compagni conosciuti la sera precedente, sembrano in difficoltà i quali, da ragguardevole distanza, ci chiedono aiuto. Il percorso non è ovviamente indicato e vi sono pochi chiodi, si possono però scorgere i segni dei ramponi sulle rocce. Se ci si sposta solo di pochi metri una via di terzo o quarto grado può diventare molto più impegnativa o addirittura impossibile da risalire. Oltre al tempo per ritornare sui propri passi occorre considerare la stanchezza, spesso sottovalutata, che in quota si fa sentire, 900 metri di dislivello, dai 3624 ai 4554 e con quelle pendenze, eccome se si fanno sentire.
I nostri compagni di salita, dopo aver scelto un tratto troppo impegnativo, decidono di seguirci. Ora vediamo distintamente la maestosa ed austera capanna Margherita, è lì sopra la nostra testa a sinistra, ma ci vorrà ancora parecchio prima di raggiungerla!
Continuiamo a salire su roccia alternando tratti di passaggi difficili a punti più semplici sino ad una parete decisamente più articolata. Abbiamo puntato a destra e la capanna non la vediamo più ora seguiamo il grande risalto superiore.
Siamo sempre in compagnia, anche i due “colleghi“ sono con noi ma ora salgono proprio fianco a fianco, dobbiamo stare molto attenti ed aspettare di essere fuori tiro in quanto il terreno è molto instabile pertanto cadono di sovente pietre di varie dimensioni. Affrontiamo ora un tratto molto ripido su un canalino ghiacciato, Mauro preferisce metterci in sicurezza con un chiodo da ghiaccio, ci troviamo ora sul bordo del grande risalto, terminato il quale la ritrovata e vicina capanna Margherita ci infonde allegria! Abbiamo ancora da superare il torrione sommitale a destra ma i ripidi pendii sono molto instabili con scariche di pietre e ghiaccio. Superata anche la pre cima della Gnifetti abbiamo solo da salire un ripido camino di roccia e ghiaccio per sbucare, finalmente, sui pianori glaciali sommitali.
“Siamo fuori ragazzi“ dice Mauro, grande felicità e vigorose strette di mano ma sentivo che qualcosa doveva succedere. Sulla cresta appena percorsa non un alito di vento, come spesso accade, sul ghiacciaio sommitale invece soffia un vento molto forte e teso, ci mettiamo il guscio e riprendiamo la via per la Margherita, ormai vicinissima. Superiamo la punta Gnifetti nel frattempo anche i nostri compagni di viaggio stanno sbucando dal camino che abbiamo da poco superato.
Il ghiaccio è molto duro, e, nel primo tratto non vi sono particolari pendenze, che però troveremo poco dopo, proprio a pochi metri dalla Capanna Margherita. Occorre sferzare un primo e un secondo colpo di picca per poter penetrare il ghiaccio durissimo sul ripido pendio, la Margherita è a pochissimi passi quando penso “ci mancherebbe che proprio ora capiti qualcosa“.
Non ho neppure terminato il pensiero che Mauro impreca, cosa succede, chiediamo contemporaneamente Alberto ed io. Mauro urla: «Tutto bene?» e poi ancora più forte «TUTTO BENE?». Noi siamo girati di schiena e non vediamo, i nostri due compagni sono scivolati rovinosamente per oltre una cinquantina di metri. E’ una sabato di agosto, la giornata è bella e a mezzogiorno circa alla Margherita ci sale molta gente che prontamente soccorre i due sfortunati compagni di salita. Arrivati alla capanna Margherita sentiamo dalla radio ricetrasmittente dei gestori che è stato allertato l’elisoccorso. Dopo un panino e una birretta scendiamo a Punta Indren alla funivia, piuttosto velocemente, felici per l’avventura ma anche un poco scossi per l’incidente.
Penso sia stata la salita della vita, quella della cresta Signal, ma spero che la via più bella debba ancora a venire. Neanche la cresta Rey per la Dufour mi ha lasciato quelle emozioni. Ancora una volta la montagna ci insegna che merita rispetto, ci ripaga con grandi soddisfazioni se attenti, meticolosi e preparati ma a volte non basta.