Racconto

#4 SALITA NOTTURNA IN BAITA

testo e foto di Roberto Micheli  / Gussago (BS)

27/10/2020
7 min
Il Bando del BC20

Salita notturna in baita

di Roberto Micheli

E’ buio, nevica, siamo in auto e cerchiamo di salire il più possibile.

Ad ogni curva non sappiamo se la strada sarà ancora percorribile, siamo ancora lontani dal punto che ci farebbe comodo raggiungere per avvicinarci alla nostra meta.

Siamo a fine gennaio, l’intento è quello di effettuare un’escursione in alta montagna di qualche giorno per cercare di riuscire ad entrare in simbiosi con una natura resa scomoda e difficile dal rigore invernale. Per la verità la scomodità dovrebbe venire notevolmente alleviata dal fatto che abbiamo le chiavi di una piccola malga utilizzata in estate per la monticazione delle vacche ma non sappiamo in che condizioni la potremo trovare. E se la quantità di neve e di ghiaccio ci impedirà di aprire la porta ed accedere. Non abbiamo la tenda, potremmo comunque scavare una truna; materassini e sacchi a pelo pesanti li abbiamo, ma non sarebbe la stessa cosa. Tutte queste considerazioni si tramutano in uno stato di ansia e preoccupazione che però ci fa bene, crea quel giusto stato tensionale che serve per assaporare ancora meglio tutte le emozioni che questa avventura ci potrà riservare.

Detto fatto, dopo un tornante tagliato nella roccia una piccola slavina è scesa dal pendio sovrastante e non si riesce a passare. Potremmo lasciare qui l’auto ma valutiamo che il percorso a piedi si allungherebbe di un paio d’ore oltre alle quattro già necessarie per raggiungere la baita, sono le sei di sera, decidiamo allora di prendere le pale da neve e cerchiamo di liberare la strada.

Secondo una mia teoria che avvaloro da anni, se all’inizio di qualsiasi attività c’è subito qualcosa che va storto questo non fa che auspicare una tranquillità e meno problemi per le fasi successive, ciò non è matematicamente sicuro ma ti aiuta a superare meglio il problema. L’adrenalina sale e in 20 minuti (siamo in tre) riusciamo a creare un passaggio sufficiente per far passare l’auto, contenti riponiamo le pale e continuiamo la salita. Arriviamo finalmente al punto dove lasceremo l’auto. Il piccolo parcheggio che d’estate viene utilizzato dagli escursionisti non esiste, al suo posto ci sono delle alte gobbe di neve; non ci resta che riprendere le pale e crearlo. Fortunatamente lo spiazzo è su un pianoro lontano da pericoli di slavine e ci fidiamo a lasciarvi l’auto, non prima però, e con fatica, di averla girata con il muso a valle per agevolare la ripartenza al nostro ritorno.

Le previsioni meteo sono buone, dopo la leggera nevicata di questa sera si preannunciano tre-quattro giornate buone, probabilmente senza precipitazioni. Calziamo gli scarponi, mettiamo le pelli agli sci, inforchiamo gli ingombranti zaini e finalmente si parte.

Tentiamo di non utilizzare le lampade frontali ma il cielo nuvoloso, la neve che cade ed il fatto che la strada è nel bosco ci fanno rivedere la nostra decisione e le accendiamo. L’atmosfera è bellissima, i fasci di luce rimbalzano sui fiocchi creando dei piccoli lampi, tutto è ovattato, non si sente nulla, solo lo strisciare ritmico delle aste sulla neve. Non parliamo, mi chiedo cosa stia pensando ognuno di noi e mi do la risposta analizzando il mio pensiero. Personalmente sono contento, sono appassionatissimo di montagna, di natura selvaggia ed il pensiero di staccare completamente per tre giorni dalla routine quotidiana mi eccita moltissimo. Poi c’è l’ambiente invernale, per mia natura prediligo il freddo al caldo e quindi mi trovo a mio agio, o almeno lo spero per quello che ci aspetta.

Il passo è buono, raggiungiamo un tornante esposto sulla valle, in lontananza si vedono le luci arancioni dell’ultimo paesino che abbiamo attraversato, sono le nove e non si vedono auto in movimento, a quest’ora in questi piccoli agglomerati di montagna sono tutti chiusi nel tepore della casa. Arriviamo ad un bivio, la strada continua diritta ma noi dobbiamo prendere un sentiero che si dirama a destra. Siamo nel bosco fitto e qui la neve non ha un grande strato, ogni tanto gli sci strisciano su qualche sasso e, di questo, le pelli non sono contente. Dopo un paio d’ore finalmente ha smesso di nevicare e si esce dal bosco. Questo ci permette di abbandonare il sentiero che compie un largo giro verso destra e di inerpicarci a zig zag nel prato. Dietro una cima appare come un regalo una bella mezza luna che ci permette, grazie alla sua luminosità ed al riverbero della neve, di spegnere le frontali. Nonostante la poca luce chi mi precede proietta un’incredibile ombra sul manto bianco e mi sovviene la canzone “tintarella di luna“. Ne approfittiamo per una piccola sosta, togliamo gli zaini, beviamo del thè caldo dal thermos e mangiamo due biscotti.

Appoggiare a terra gli zaini ci crea una piacevole sensazione, sono abbastanza pesanti, abbiamo stipato tutta l’attrezzatura tecnica, un paio di ricambi intimi, il necessario per le notti e le vettovaglie per i tre giorni. Continuiamo a salire, il pendio è ripido ma la neve tiene bene, non si forma lo zoccolo sotto le pelli e si sale abbastanza spediti. Guardo l’orologio, è ormai mezzanotte e sono quattro ore che camminiamo, secondo la nostra stima dovremmo essere arrivati alla baita. Invece siamo in ritardo, ce lo dimostra il fatto di non avere ancora raggiunto una punta dove gli alpini hanno installato un crocefisso coperto da una piccola tettoia, avremo sbagliato strada? Il posto lo conosciamo, ci siamo già saliti altre volte, ma mai di notte.

D’estate dal crocifisso il pendio spiana leggermente e ci vuole ancora una mezz’ora per arrivare alla casetta. Uno di noi si stacca e sale perpendicolare sul pendio per riuscire ad allargare lo sguardo , noi rimaniamo attoniti ed aspettiamo l’esito della sua esplorazione. Dopo poco ci urla che è tutto ok, vede il crocifisso proprio sopra di noi, molto bene, rincuorati partiamo ancora più speditamente e rapidamente lo raggiungiamo.

Qui si apre un piccolo altopiano ondulato punteggiato da pini cembri e larici ma abbiamo una sorpresa: ci sono delle nuvole basse appoggiate sul pianoro e la visibilità in un attimo diventa quasi nulla. Si crea una situazione incredibile ma molto affascinante, tutto è ancora più ovattato, l’effetto whiteout ci disorienta e non si capisce più dove stiamo andando, non ci sono più riferimenti ed il fatto di essere su un falsopiano ci confonde ulteriormente. Decidiamo di fermarci per vedere se il fenomeno è passeggero, passano alcuni minuti ma non cambia nulla. Iniziamo a spazientirci, il disagio aumenta, la poesia svanisce, ci girano le …..

Abituati come siamo ad avere supporto tecnologico per tutto rimpiangiamo di non aver scaricato la traccia gps, ma forse è meglio così, abbiamo voluto l’avventura? Al giorno d’oggi tutte queste conoscenze ed aiuti ci fanno sembrare onnipotenti, ma poi quando ti capitano certe cose capisci che non è assolutamente vero! C’è una parvenza di luce che luce non è e che fa quasi male agli occhi, a volte sembra che tutto si schiarisca ma invece nulla cambia, saranno ormai passati dieci minuti che sembrano un’eternità, ci viene voglia di muoverci ma dove andiamo? Pericoli non ce ne dovrebbero essere ma la sensazione di muoversi alla cieca mette molto a disagio. Mi viene quasi voglia di urlare solo per cercare di rompere questa bambagia che ci avvolge. Ci vorremmo muovere ma ci rendiamo conto che ci potremmo perdere, sembra ridicolo ma sarebbe necessario mettersi in cordata per rimanere uniti ma la corda non l’abbiamo.

Guardo l’orologio, è ormai l’una di notte, adesso ho anche fame; a pranzo non ho mangiato per finire velocemente il lavoro e poter partire prima possibile, cena neanche a parlarne, posso contare solo sui due biscottini mangiati nella sosta. Disagio, disagio, disagio. A questo punto la situazione evolverà solo nel momento in cui le nuvole si alzeranno, aspettiamo, adesso ho anche freddo, il sudore che la salita mi aveva generato si sta gelando sull’intimo e fa veramente freddo, prima non me ne ero accorto! Ad un certo punto…. miracolo, la nebbia inizia lentamente a svanire, si intravede qualche ombra, i larici con i loro rami spogli sembrano dei giganti addormentati con le braccia protese verso di noi per cercare di afferrarci. Basta fantasia, ormai qualcosa si vede, torna l’entusiasmo, intuiamo la direzione e ci mettiamo quasi a correre sugli sci. Nell’euforia uno di noi cade ed esplode la risata degli altri due.

Ormai dovremmo esserci, la dovremmo vedere la nostra agognata casetta, ma dov’è? Ad un certo punto chi mi precede inciampa con uno sci in qualcosa… è la palizzata della nostra casa, ma dov’è? E’ lì a pochi metri ma è talmente sommersa dalla neve che quasi non si vede. Mi sforzo e vedo una macchia scura, è il portico che anticipa la porta. Finalmente! Togliamo gli sci e gli zaini, recuperiamo le chiavi e entriamo nel portico. Questo è ingombro di neve portata dal vento che copre la porta fino a metà altezza. Dall’ansia cerchiamo di spostarla con le mani ma è dura. Togliamo dagli zaini le piccozze ed iniziamo un paziente lavoro stando attenti a non rovinare nulla.

Ci vuole più di mezz’ora per riuscire a vedere tutta la porta, delicatamente infilo la chiave ma non entra, probabilmente si è insinuata della neve e si è ghiacciata; alito per qualche minuto sulla serratura e poi, come uno scrigno magico, la porta si apre! Dentro è confortevole, introduciamo gli zaini, prendiamo il fornello e lo riempiamo di neve per farci un thè. Fa freddo, per curiosità tolgo l’orologio la cui temperatura è falsata dal calore del polso e lo appoggio sul tavolaccio, dopo cinque minuti lo guardo: meno 11, non male. Beviamo il thè, srotoliamo i sacchi sul pagliericcio e alle 3 e 30 ci corichiamo uno vicino all’altro assaporando le gite scialpinistiche che dovremmo riuscire a compiere nei prossimi tre giorni.

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Roberto Micheli

Roberto Micheli

Sono un grande appassionato di montagna e di fotografia, trekking a piedi e viaggi in bicicletta. Ho salito a piedi o con gli sci parecchi 4000 nelle Alpi sia in Italia che in Svizzera e Francia. Ho visitato parecchi paesi del mondo per lo più facendo salite alpinistiche e trekking. Ho anche fatto tanti viaggi in bicicletta con il bagaglio sulla bici. Nella mia attività divulgatrice ho presentato una quarantina di serate tra CAI, Amici della Bici e Venerdì del Viaggiatore. Ho scritto vari articoli pubblicati su Montagne 360 e sulla rivista Adamello del CAI di Brescia.


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