Saggio

IL TRUCCO SINCERO

testo di Luisa Mandrino

Luciano Vincenzoni, a destra, accando al regista Billy Wilder
25/10/2020
2 min
Il Bando del BC20
Nell’inverno del 2009, mentre lavoravo alla biografia di Alfonso Vinci, alpinista, esploratore e scrittore, trovai tra le sue carte personali una lettera indirizzata al suo amico Ulisse Guzzi, dove scoprii che Alfonso aveva conosciuto Luciano Vincenzoni.

Decisi subito di cercarlo e trovai il suo numero sulla guida del telefono.
Nella lettera, datata 1955, veniva definito “un giovane scrittore di cinema di origini trevisane”. Ora, dopo tanti anni, con quella stessa lettera in mano stavo per parlare con l’uomo che aveva scritto “La grande guerra”, “Signore e signori”, “Sedotta e abbandonata”, “Il buono, il brutto, il cattivo”, “Per qualche dollaro in più”, “Giù la testa” e molti altri capolavori. Ero emozionata e temevo non mi ricevesse, invece mi diede appuntamento il giorno stesso.
Era una fredda giornata di dicembre e mi accolse nella sua casa romana.
Si definiva un “falso bugiardo” perché raccontava storie così meravigliose che sembravano finte, ma erano vere. Mi disse: Vedrà quanto materiale trova per il suo libro! E cominciò a raccontare.
Io l’ascoltavo.

Raccontava un mondo che non conoscevo fatto di scene che si erano dissolte, come un film che non fosse mai stato proiettato. La passione palpitava nei suoi occhi e in ogni suo gesto. Così facendo mi portava con sé a conoscere dal vivo ciò che non avrei mai potuto vedere, perché il tempo aveva ormai puntato altrove i suoi riflettori. Le sue mani disegnavano ombre fantastiche sulle pareti. Sorridevo e mi commuovevo. Avrei voluto non finisse più.
Andai subito a camminare nei luoghi di cui mi aveva parlato. Li conoscevo bene eppure mi rivelarono dettagli nuovi e fondamentali. Dalla felicità non sentivo più neanche il freddo.
A casa riascoltai la sua voce e facevo fatica a credere che quelle avventure fossero state raccontate proprio a me: un momento prima non ne sapevo nulla, ora ci vivevo dentro.

Bisogna camminare, stringere mani, ascoltare e non aver paura di bussare a porte sconosciute perché è lì che troveremo il prossimo racconto. Vivo, scoppiettante e pronto a scaldarci.

La voce di Luciano, con tutta la sua forza, è ancora intatta su quel nastro, ma non l’ho più ascoltata. Preferisco parlare di lui con i suoi vecchi amici che sono andata a cercare dopo la sua morte, perché non voglio dimenticarlo. In quei momenti è seduto insieme a noi e le sue storie magiche ci fanno ridere, ci inteneriscono, ci rendono malinconici, ci riempiono di folle vitalità. E’ il trucco sincero del falso bugiardo: guardare la realtà dal punto di vista del cuore.
Sotto la sua lente generosa ogni storia diventa grande anche se è piccola e si risveglia anche se era addormentata. Quando la incontriamo può diventare la nostra storia, quella che avremmo sempre voluto raccontare. Bisogna camminare, stringere mani, ascoltare e non aver paura di bussare a porte sconosciute perché è lì che troveremo il prossimo racconto. Vivo, scoppiettante e pronto a scaldarci.
Non è forse il fuoco del bivacco nella notte, così vicino alle stelle, che ci ispira il coraggio di nuove salite?

Luisa Mandrino

Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera e al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ha studiato scrittura creativa con Giuseppe Pontiggia e sceneggiatura con Ugo Pirro, Tonino Guerra, Furio Scarpelli e Robert McKee. Ha lavorato come autrice e sceneggiatrice prevalentemente per la Rai (Mi manda Lubrano, Incantesimo, Geo&Geo). Con due racconti inediti ha vinto il Premio Leggimontagna e il Premio Giulio Bedeschi. Ha collaborato alle riviste Alp e Meridiani Montagna. Ha pubblicato quattro libri: La forza della natura (Vivalda, 2002), Vivere come se si fosse eterni (Alpine Studio, 2013) Il fuoco dell’anima (Corbaccio, 2017), Il maestro e il campione (Blonk, 2020). Attualmente scrive documentari per Geo&Geo e sta ultimando un romanzo che ha come scenario le Dolomiti Bellunesi.


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