Pochi metri e arrivo alla sorgente di Elighes Uttiosos, l’acqua sgorga in prossimità delle radici di un paio di grandi lecci, da qui il nome della fonte la cui traduzione è “lecci gocciolanti”. Lo stomaco brontola, mi siedo su una roccia ed apro lo zaino, avvolti in un fazzoletto che mi farà da tovaglia ci sono un pezzo di pane, del formaggio e un po’ di frutta che saziano la mia fame. All’ombra degli alberi e con il sottofondo dell’acqua che scorre mi stendo sul terreno morbido e finisco per addormentarmi. Vengo svegliato qualche minuto dopo dalla voce di due ciclisti che devono essermi passati a fianco. Sollevo la testa dallo zaino e lo rimetto in spalla, un po’ d’acqua fresca per svegliarmi completamente e riparto.
Valicato il punto più alto del percorso si inizia a scendere rapidamente, alcuni tratti del sentiero sono molto ripidi e bisogna prestare attenzione. Alla mia sinistra i basalti colonnari di Sos Segados dominano dall’alto e una vicina vetta suscita la mia curiosità. Sembra che una grossa sezione di roccia sia implosa lasciando una voragine circolare, resto un po’ interdetto perché difficilmente la fonolite consente fenomeni carsici, quindi nella mia mente partono ipotesi improbabili. Considerata l’origine di queste montagne potrebbe essere un’antica caldera vulcanica, oppure il risultato dell’erosione, ma più probabilmente si tratta solo di un gioco di luci ed ombre che dalla mia prospettiva pare disegnino un cratere. Mi ripropongo di farne meta di una futura escursione esplorativa.
Con lo sguardo ancora rivolto all’insù mi ritrovo sotto una barriera di rovi, dietro di me il sentiero è ancora evidente ma non c’è modo di proseguire. Decido di spostarmi verso un tratto roccioso sebbene non vi sia alcun segno di passaggi precedenti e mi calo dentro ad un ampio canalone di roccia. In periodo di piena il Riu Sos Molinos mi avrebbe creato qualche problema nell’attraversamento. La circostanza è però fortunata perché nonostante la temporanea preoccupazione la cornice è meravigliosa e riesco subito a ritrovare la strada.
Le difficoltà comunque non sono finite, il sentiero da qui è per lunghi tratti invaso dalla vegetazione ed è difficile liberarsi da rovi e salsapariglia. Non ho con me attrezzi da taglio che possano aiutarmi, l’unica soluzione è proseguire cercando di limitare i danni a qualche graffio. Procedendo più ad intuito che a vista sbuco in una piccola area aperta, una sorta di anfiteatro naturale con al centro un’affascinante capanna a due piani su un albero affacciato su un dirupo. Mi avvicino circospetto, non sembra esserci nessuno, lo stato è un po’ di abbandono ma non è stata dimenticata, lo testimoniano i resti di un vecchio fuoco presso il bordo del precipizio. Accostandomi per controllare sento il rumore dell’acqua e sporgendomi vedo una piccola cascata. Chi ha costruito la capanna ha scelto un posto da favola.
Non riesco a ripartire, vorrei vivere qui, ma guardo l’orologio e mi infilo di nuovo nella vegetazione che copre il sentiero. Durante la discesa mi avvicino sempre più al torrente e una volta raggiuntolo decido di seguirne il corso alla ricerca di un sentiero più agevole. Arrivo ad un’ampia sterrata e verifico sulla mappa che si tratta dell’ultima parte del percorso che mi condurrà, dopo un tratto d’asfalto, alla degna conclusione di questo magnifico viaggio: la cascata di Sos Molinos.
Il sentiero in discesa per la cascata è molto bello e una volta arrivato alla base la sensazione di pace è totale, come pure l’appagamento da fine cammino. Ho ancora la fortuna di esser solo ad ammirare in tranquillità il salto, l’aria è carica d’umidità e gli schizzi mi rinfrescano e lavano via la fatica. Nei prossimi giorni gli amici mi chiederanno il perché di un mio inaspettato sorriso, non risponderò, continuando a pensare ai magnifici scorci ed alle forti sensazioni di questa magnifica giornata.
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foto:
1. Montiferru, panorama da Su Palatu
2. La capanna sull’albero di Bau Mela
3. Cascata di Sos Molinos