Reportage

Sulle tracce di Alfredo Paluselli

Ci sono innumerevoli possibilità di attraversare le Dolomiti con gli sci. Fra le più suggestive c’è quella di seguire le tracce di Alfredo Paluselli che ottanta anni fa partì da San Martino di Castrozza per raggiungere Cortina d’Ampezzo.

testo e foto di Eric Girardini

30/12/2018
8 min

Ci sono innumerevoli possibilità di attraversare le Dolomiti con gli sci: da nord a sud; da est a ovest o viceversa.
Sicuramente fra le più suggestive c’è quella di seguire le tracce dei pionieri dello scialpinismo, come Alfredo Paluselli che ottanta anni fa partì da San Martino di Castrozza per raggiungere Cortina d’Ampezzo. Nonostante le Dolomiti siano delle montagne fortemente antropizzate è ancora possibile scegliere delle rotte lontane dagli impianti del Dolomiti Superski e vivere nel modo più autentico l’esperienza di Alfredo Paluselli, oppure scegliere di utilizzare solo alcuni impianti di risalita, in base al tempo a disposizione e a quanta voglia si ha di faticare. Il testo che segue è il racconto dell’attraversata compiuta nel 2014 dalla guida alpina Eric Girardini, sulle tracce di Paluselli.

Bruno Compagnet, il maestro del freeride

E’ con grande entusiasmo e riconoscenza che accetto la richiesta di Bruno di accompagnare per alcuni giorni il team di freeriders che proverà a compiere l’attraversata delle Dolomiti con gli sci da freeride. Bruno Compagnet ha sempre rappresentato per me e per una generazione di freeriders l’ideale dell’estetica dello sci fuoripista e della vita libera in montagna, averlo conosciuto e averci potuto sciare assieme è stato per me un grande privilegio. Per chi non lo conoscesse Bruno Compagnet è fondatore della Black Crows, nota marca di sci backcountry. Nel 1994, ha partecipato e vinto la prima competizione di freeride in Europa, svoltasi a Chamonix sui pendii del Brevent. Nello stesso anno è stato il primo francese a gareggiare con gli americani a Valdes in Alaska. Da quel momento tutta la sua esistenza ha incominciato a ruotare intorno allo sci e alla sua “filosofia” (vedi video in fondo alla pagina).
L’idea dell’attraversata l’avevo udita già molte volte nelle parole di Leo, un nostro compagno di scorribande sciistiche, e Bruno sfruttando le proprie conoscenze e capacità organizzative si spinge oltre e prepara un team di tutto rispetto. Oltre a lui ci sono infatti: Seth Morrison ormai una leggenda vivente del mondo freeride americano e testimonial della K2 e della Okley, Nathan Wallace e Minna Riihimaki proriders trasferiti a Chamonix, e per alcuni giorni ci sarà amche Tom Leitner, Giulia Monego, Simone Barberi e Leo. Insomma, un team di fuoriclasse dello sci!

  • Bruno Compagnet (a dx) con la guida alpina Claudio Toldo al Rifugio Pian dei Fiacconi.
  • Attraversata verso forcella Ceremana
  • Pietro De Lazzer

Alfredo Paluselli, il custode del Cimon della Pala

Il gruppo si ritrova da Carla Scalet al Romantic hotel Regina di San Martino di Castrozza, dove hanno soggiornato i grandi della storia dell’alpinismo dolomitico, e non solo, e dove si respira ancora oggi lo charm tipico di quei luoghi che hanno attraversato il tempo. Qui studiamo insieme l’itinerario di massima e qui faccio conoscere al gruppo Piero De Lazzer, una mitica Guida Alpina delle Aquile di San Martino che ha compiuto una delle prime attraversata delle Dolomiti negli anni Sessanta. Ci racconta che il primo ad avere avuto l’idea e poi a compierla con dei clienti fu Alfredo Paluselli, personaggio poliedrico ormai entrato nella leggenda che ha praticamente inventato il turismo al Passo Rolle: maestro di sci e Guida Alpina, fondatore del Rifugio Capanna Cervino e della Baita Segantini (nella quale abitò per 35 anni, estate ed inverno), scultore, disegnatore e poeta (vedi approfondimento in fondo alla pagina). Nel 1936 fece la prima attraversata da San Martino a Cortina d’Ampezzo, segnata purtroppo dalla morte di quattro partecipanti, travolti da una slavina sui ripidi pendii del Padon.
All’epoca fu davvero un’impresa: gli scialpinisti allora erano equipaggiati con sci di legno da 2,20 metri e attacchi a cavo per la salita e la discesa, vere pelli di foca e scarponi in pelle, piccozza lunga da ghiacciaio e corda di canapa da 12 mm, più zaino e ricambi per un totale di circa 20 kg sulle spalle. Si pensi che così equipaggiati coprirono solo il primo giorno un dislivello positivo di 2200 metri: partiti da San Martino salirono al Passo della Rosetta con le pelli, poi alla cima della Vezzana, discesa per la Val Strut fino all’omonimo Campanile, risalita al Passo delle Farangole e poi attraverso il Passo del Mulaz discesa fino a Falcade per pernottare.
Paluselli scrisse anche una guida per il Touring Club italiano sull’itinerario percorso dal gruppo che poi venne ripresa da Antonio Berti per una sua idea della guida scialpinistica delle Dolomiti che però non venne mai pubblicata.

Alfredo Paluselli, personaggio poliedrico ormai entrato nella leggenda che ha praticamente inventato il turismo al Passo Rolle

1° giorno – Si cambia subito programma

L’itinerario stabilito dal nostro gruppo invece prevede di salire alla Rosetta con la funivia, quindi con le pelli fino alla Vezzana, scendere al bivacco Brunner, risalire il canale delle Ziroccole e scendere in Val Veneggia per il ripido canale dei Bureloni.
Alla mattina però la nebbia si può tagliare con il coltello e sulla cresta per la Vezzana ci si mette anche il vento a compromettere il nostro programma. Quindi dietrofront. Decidiamo di scendere il ghiacciaio Nord del Travignolo dove la nebbia si dirada e ci fa divertire con curvoni in neve fresca, lo stress e la tensione si sciolgono immediatamente. In breve raggiungiamo Malga Veneggia, il nostro primo rifugio per la notte. Qui la stube si riempie di magliette, scarpette e pelli ad asciugare, mentre noi ci scaldiamo con l’ottimo vino rosso della casa! La cena è tipica trentina e ottima, come sempre.

2° giorno – In vetta alla Marmolada

Il giorno seguente il cielo è splendido e ci fa immediatamente ritornare la voglia di immergerci nelle montagne con i nostri sci da freeride. Risaliamo veloci fino alla cima del Monte Mulaz per suonare la rituale campana e da dove si può ammirare un panorama unico. Sembra di toccare le guglie della catena Nord delle Pale, le tre Cime del Focobon, la Cima Campido e via via fino alla Vezzana e al Cimon della Pala, alle nostre spalle si erge la grandiosa scogliera calcarea della Marmolada, la nostra meta per i prossimi giorni. Scendiamo in picchiata sulla powder perfetta ed intonsa della valle del Focobon a velocità mai vista. Seth propone qualche “saltino” con la sua consueta nonchalance. A Falcade prediamo gli impianti fino al Col Margherita per scendere la Nord ancora vergine e poi portarci al Rifugio Fuciade usando le seggiovie di Cima Uomo.
In serata tra un bicchiere di vino e una grappa di cumino discutiamo sul tragitto da intraprendere l’indomani e la decisione cade sulla risalita alla Forcella del Bachet, Cima Ombrettola e poi discesa verso l’omonimo Passo e per il vallone che ci porta proprio sotto l’imponente parete Sud della Marmolada.
Giunti a Malga Ciapela risaliamo con la funivia fino a Punta Rocca e dopo un paio di discese nel ghiacciaio ci fermiamo al rifugio Pian dei Fiacconi, il più bel soggiorno del tour a detta di tutti. L’ospitalità è ottima e Guido sta preparando la cena in cucina, sembra di essere a casa, lontani dalla frenesia delle grandi stazioni sciistiche e la serata si tramuta in una festa con i gestori.

Il giorno seguente il cielo è splendido e ci fa immediatamente ritornare la voglia di immergerci nelle montagne

3° giorno – Paura nel canale Holzer

L’indomani riecco la nebbia. E’ difficile scendere verso il Passo Fedaia, la nevicata notturna ha coperto ogni precedente traccia. Dal Passo, anziché risalire i pendii del Padon con le pelli, dato che la seggiovia è stata spazzata via da un enorme slavina, decidiamo di salire tutti sul furgone. Ad Arabba risaliamo con gli sci in spalla il Belvedere e poi scendiamo l’immacolato Forfesc che ci porta agli impianti del Passo Pordoi. Mentre stiamo mangiando un piatto di goulasch a Chez Maria, arriva Tom Leitner che si aggiunge al gruppo per le prossime discese nei canali del Pordoi.
Visto che sta nevicando e c’è vento, optiamo per il canale Holzer, una famosa discesa ripida, incassata tra pareti verticali che ci permetteranno di avere una buona visibilità. Nel canale assicuro con la corda il Jeremy Bernard mentre è impegnato a fotografare, in posizione un po’ esposta, Bruno, Tom, Minna e Seth. Terminati gli scatti lo slego, scendo di qualche metro sotto la cascata di ghiaccio (quest’anno è coperta di neve) e in quell’istante sento gridare: “attentiii!”.
Il forte vento che soffia fuori dal canale ha accumulato e probabilmente ha rotto una cornice di neve che si trova alla sommità e ora questa ci sta arrivando addosso ad una velocità impressionante. Ho appena il tempo di spostarmi a lato del canale e piantare i bastoncini al contrario, come ancoraggio, che la nuvola di neve ci prende in pieno con una forza sconcertante. Qualcuno urla, ma non si capisce nulla e nemmeno si vede nulla.
Appena la situazione si calma ci rendiamo conto che sono spariti Nate e Simone. Cominciamo a chiamarli urlando, sperando che ci rispondano. Porto istintivamente l’artva in posizione di ricerca ma ecco che li vedo, qualche centinaio di metri più in basso in val Lasties, seduti sulla neve. Nella sfortuna tutto è andato bene, non si sono fatti niente. E’ un vero miracolo che non abbiano sbattuto contro le pareti del canale.
Per rilassarci torniamo al Passo Pordoi. Nel pomeriggio il tempo migliora e ci regala una Val Mesdì vergine e sorprendentemente siamo solo noi nella luce del tramonto, surreale!
Scendiamo a Corvara dove pernottiamo.

Scendo di qualche metro sotto la cascata di ghiaccio e in quell’istante sento gridare: “attentiii!”
  • Rientro a San Martino di Castrozza: da sx Simone Barberi, Jeremy Bernard, Minna Riihimaki, Seth Morrison e Bruno Compagnet.

4° e 5° giorno – Arrivo a Cortina d’Ampezzo

Il gruppo continua il tour rimanendo un altro giorno in zona Corvara per poi spostarsi nella zona delle Cinque Torri e delle Tofane. L’indomani ho un impegno di lavoro con dei freeriders americani, devo quindi momentaneamente abbandonare il gruppo. Ci diamo appuntamento fra due giorni a Cortina d’Ampezzo per l’ultima sciata prima di rientrare a San Martino di Castrozza dove la sera scatta la festa: cena all’Hotel Regina, con idromassaggio e sotto una incredibile nevicata a mezzanotte.

Itinerario storico (1936) da San Martino di Castrozza a Cortina d’Ampezzo

San Martino – Passo Rosetta – Pian dei Cantoni – Passo del Travignolo – Vezzana – Val de Strut – Valgrande – Passo delle Farangole – Passo Mulaz – Val del Focobon – Falcade – Passo San Pellegrino – Fuciade – Forca Rossa – Malga Ciapela – Padon – Arabba – Passo Campolongo – Cherz – Pralongia – Antermoia – Armentarola – Valle di Fanes – Ponte Alto – Fiammes – Cortina.


BLU: itinerario storio seguito da Alfredo Paluselli (1936), ROSSO: itinerario seguito da Eric Girardini & C. (2015) – mappa rielaborazione da www.dolomitisuperski.com

Copertina del volume “Vento da Nord”

L’incredibile vita di Alfredo Paluselli

In un piccolo paese del Trentino, nasce, nel 1900, Alfredo Paluselli. Trascorsa l’infanzia tra Svizzera e Germania torna in Italia ma se ne va presto in America imbarcandosi clandestino su una vecchia nave. Tra mille difficoltà approda negli Stati Uniti dove migliora le spiccate doti artistiche, lavora e si avvia all’atletica sportiva.
Torna per breve tempo in Svizzera dove apprende le nuove tecniche sciistiche nate nel frattempo. Forte della conoscenza di quattro lingue fa il traduttore a Milano ma ritorna presto nella sua amata Val di Fiemme dove importa gli sport appresi in America fondando una squadra di atletica. Inizia poi ad arrampicare intraprendendo un lungo dialogo con le rocce delle Dolomiti. Svolge la professione di guida alpina in Val di Fassa e appena può disegna, scolpisce e scrive. Diventa maestro di sci nel 1934, tra i primi in Italia. Attratto dagli ampi panorami di Passo Rolle costruisce lì Capanna Cervino: rustico e panoramico rifugio poco a monte del valico. Qui fonda la prima scuola di sci delle Dolomiti.
Apre nuove importanti vie alpinistiche, inaugura piste, impianti e servizi sciistici innovativi e compie mille altre imprese tra genio e follia che lo rendono una leggenda ancor da vivo. La sua insaziabile fame di ricerca lo conduce infine alla creazione della sua opera più importante: Baita Segantini. Crea anche un piccolo lago di fronte ad essa in modo che la bellezza delle rocce e della sua amata Baita possano lì riflettersi, ma tutto questo non prima di aver tracciato con le sue stesse mani la strada per arrivare fino a là. A Baita Segantini vive in solitudine per trentacinque anni, continuando il suo personale dialogo con le rocce, l’arte, la poesia e l’infinito. Trascorre inverni infiniti tra enormi difficoltà ma sempre avulso da ogni legge e lontano da qualsiasi automatismo. Il monumento in bronzo nei pressi di Baita Segantini perennemente lo ricorda e accompagna nella vista del Cimon della Pala chi ancora crede nei suoi stessi ideali.

“Vento da Nord, la storia di Alfredo Paluselli, pioniere nelle Dolomiti e custode del Cimon della Pala”, Alfredo Paluselli, Edizioni Dolomiti, 2013.

A Day Out – Bruno Compagnet. Le Skieur Authentique

Bruno Compagnet, nato sciisiticamente nei Pirenei francesi, ha sciato in ogni angolo del pianeta ed è diventato un riferimento nel mondo del freeride. Vivere il più possibile a contatto con la natura, preferibilmente con gli sci ai piedi, è lo spirito che ha sempre contraddistinto la sua vita. In questo video lo possiamo seguire mentre scia a Chamonix, a Lyngen Alps in Norvegia e nelle Dolomiti che considera ormai la sua nuova casa.

Eric Girardini

Eric Girardini

Sono nato a Feltre all’ombra delle Dolomiti e sulle colline dietro casa, all’età di 3 anni, ho iniziato a muovermi sugli sci. Da allora ho sempre continuato a sciare con grande passione, spostando pian piano il mio interesse al di fuori delle piste, alla ricerca di spazi sempre più aperti. Per me lo sci ha sempre rappresentato il mio modo creativo di esprimermi, sia quando disegno tracce nei boschi sia quando scendo nei canaloni. Ho affrontato le discese più ripide delle Dolomiti e tracciato nuovi itinerari. Ho disceso le pareti del Monte Rosa, del Monte Bianco, delle Alpi centrali, dell’Etna, con qualche incursione anche nelle Isole Lofoten. Non amo solo il ripido, ma anche le gite con le pelli o con le racchette da neve nella magia dell’ambiente invernale. Dal 2011 lavoro come guida alpina nella Scuola di Alpinismo e Scialpinismo Aquile di San Martino e Primiero.


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