Saggio

Alpinismo extraterreste

Catene montuose simili a quelle terrestri attendono i futuri alpinisti lunari. Ma come sono le montagne lunari?

testo di Gabriele Vanin

La superficie lunare durante l'esplorazione dell'equipaggio di Apollo 17
19/07/2019
5 min
Secondo Tolomeo, il più grande astronomo e geografo dell’antichità, il Nilo aveva le sorgenti nel cosiddetto monte di Luna che, non si sa quanto a ragione, oggigiorno viene identificato col Ruwenzori, raggiunto per la prima volta nel 1906 da una spedizione italiana guidata dal duca Luigi Amedeo di Savoia.

“Le montagne della Luna” è anche il titolo di un film del 1990 di Bob Rafelson, basato su un romanzo di William Harrison e sui diari degli esploratori Burton e Speke che, negli anni Cinquanta dell’Ottocento, riuscirono a scoprire che il Nilo nasceva in realtà dal lago Vittoria (nel 1892 Baumann stabilì che il vero caput nili era il fiume Kagera che, nascendo dal lago Rweru, dopo 690 km si getta nel lago Vittoria, ma non tutti concordano con questa attribuzione).
Ma, naturalmente, ci sono anche delle vere montagne lunari, ovvero delle catene montuose e dei monti isolati che si trovano sul satellite della Terra e che non mancheranno, nei prossimi anni, di attrarre la curiosità e l’interesse dei cosiddetti “alpinisti extraterrestri”.

Abitano intorno a questo golfo gli Ethiopi Antropofagi, dalla cui parte Occidentale è il monte di Luna da cui ricevono le nievi le paludi del Nilo… (Tolomeo, Geografia, trad. di Girolamo Ruscelli, Venezia, 1561, p. 222).

La prima cordata lunare
Quasi 50 anni fa, il 19 novembre 1969, molti giornalisti celebrarono la prima ascensione di una montagna lunare. Forse vi fu un po’ di esagerazione, perché non si trattava di una montagna lunare vera e propria, ma solo di un modesto cratere, dentro il quale era andata a posarsi nell’aprile del 1967 la sonda americana Survejor 3. I due astronauti dell’Apollo 12, Charles Conrad e Alan Bean, erano stati incaricati di recuperarne e portarne a terra alcune parti, preziose per le indagini scientifiche.
Il recupero avvenne felicemente, ma non senza difficoltà. La pendenza delle pareti del piccolo cratere (200 metri di diametro) in cui era andato a posarsi il Survejor era modesta, all’incirca il 12%, tuttavia la presenza della tuta lunare ostacolò non poco i due astronauti. Anche la ridotta gravità lunare, solo 1/6 di quella terrestre, anziché essere d’aiuto, pose dei problemi, soprattutto di equilibrio. Così, Conrad fu il primo uomo a cadere sulla Luna e da terra si preferì quindi non correre rischi: il recupero venne completato utilizzando una corda da alpinismo per l’assicurazione.

L’ascensione nel cratere Fra Mauro
Un secondo episodio di alpinismo lunare avvenne già con la missione successiva, quella dell’Apollo 14. Il 5 febbraio 1971 il modulo lunare calò nel cratere Fra Mauro, un cratere semicancellato dall’erosione, di 80 km di diametro. Il programma prevedeva l’ascensione di un piccolo cratere chiamato Cono, di circa 120 metri di altezza. Ma una volta di più si fecero sentire i problemi dovuti all’impaccio delle tute e alla gravità ridotta. I due astronauti Alan Shepard e Edgar Mitchell dovettero interrompere la scalata quando la loro frequenza cardiaca raggiunse le 150 pulsazioni, ritenute eccessive in quelle condizioni dal medico della NASA a Houston.

Catene montuose simili a quelle terrestri
Alcune delle montagne lunari sono isolate, ma la maggior parte è disposta in catene montuose simili a quelle terrestri. Quando, intorno al 1650, venne creata la nomenclatura lunare si assegnò, con poca fantasia, alle catene lunari gli stessi nomi di quelle terrestri. La più grande concentrazione di catene si trova attorno al Mare delle Piogge, e non a caso. Infatti le montagne lunari hanno un’origine affatto diversa da quelle della Terra. Mentre sul nostro pianeta la formazione avviene come conseguenza dello spostamento e dello “scontro” fra le zolle continentali, sul suo satellite ha avuto luogo a causa dell’impatto devastante degli asteroidi che hanno bombardato la Luna nei primi tempi della sua evoluzione geologica, bucandola pesantemente.
Tutti i crateri visibili sulla superficie presentano dei bordi rialzati. Lo stesso effetto, amplificato, si è avuto con la caduta di asteroidi più grandi, che hanno formato i veri e propri bacini che poi, invasi dalla lava fuoriuscita dall’interno, sono andati a costituire i famosi “mari” lunari, quelle macchie di colore scuro ben visibili anche a occhio nudo.

L’esempio più eclatante di questo processo è proprio il Mare delle Piogge, che è stato creato nell’impatto più colossale avvenuto sulla Luna, 3,9 miliardi di anni fa, con un asteroide di almeno 100 km di diametro.
Esso appare orlato quindi da diverse catene montuose, formatesi in meno di un’ora dalla caduta: le Alpi (che culminano a 3600 m col Monte Bianco) e gli Appennini (la cui massima elevazione è il Monte Huygens, 5500 m) somigliano in effetti alle omonime catene italiane in immagine speculare.
Sempre attorno al Mare delle Piogge, a ovest delle Alpi, c’è il Giura, ad est il Caucaso (con diverse cime sui 6000 m), i Carpazi a sud. Altre cospicue catene circondano bacini lunari: il Mare della Serenità è orlato dai Monti Balcani (massima elevazione 2400 m), il Mare del Nettare dai Pirenei e il Mare Orientale, a metà fra faccia visibile e faccia nascosta, dai Monti Rook e Cordillera. Altre catene isolate si trovano appena a sud ovest del Mare del Nettare, i Monti Altai, e nell’Oceano delle Tempeste a ovest di Fra Mauro, gli Urali.

Nel cratere Tycho, emergono, nell’alba lunare, montagne alte circa 2000 m (Lunar Reconnaissance Orbiter)
Nel cratere Tycho, emergono, nell’alba lunare, montagne alte circa 2000 m (Lunar Reconnaissance Orbiter)

Ma come scalare le montagne della Luna?
Quando saranno tutte queste montagne veramente aperte al desiderio di esplorazione e di conquista degli alpinisti terrestri? E che problemi dovranno affrontare costoro, al di là di quelli ovvi dovuti alla necessità di un’attrezzatura spaziale?
Non c’è dubbio che il problema più grande sarà quello della bassa gravità, che ha impegnato duramente gli scienziati della NASA e i fisiologi di tutto il mondo soltanto nel trovare le modalità di spostamento più efficiente sulla superficie lunare, né marcia né corsa, ma quello strano trotto di balzelli raddoppiati che tante volte abbiamo visto fare agli astronauti. Ho l’impressione che scalare una montagna richiederà un ricondizionamento motorio molto più radicale.
D’altra parte non è nemmeno detto che vi siano molte montagne impegnative da scalare sulla Luna. Le rocce lunari, infatti, sono essenzialmente di tipo eruttivo, simili alle rocce vulcaniche terrestri e con una densità molto inferiore a quella di classiche rocce granitiche o calcaree.
Forse un esempio di quello che potremo trovare sulla Luna possiamo averlo in Islanda (dove, non a caso, si allenarono per anni gli astronauti delle missioni Apollo).

Come i vulcani islandesi, è molto probabile che le montagne lunari abbiano pendenze modeste, non superiori ai 30°. E che vi sia, come in Islanda, penuria di vere e proprie buone vie di roccia, e comunque che di norma queste non costituiscano accesso a delle vette, ma siano ricavate su ben delimitate e non molto lunghe colonne di basalto.

La conquista delle montagne della Luna somiglierà più ad un’impresa himalayana che ad una lunga scalata su roccia verticale.

Generalmente le rocce vulcaniche islandesi sono poco consistenti e piuttosto friabili, ma non dobbiamo dimenticare che esse sono molto giovani, 20 milioni di anni o giù di lì, e che sono sottoposte ad una costante e notevole erosione. Sulla Luna, invece non c’è né aria né acqua, e le rocce hanno quasi quattro miliardi di anni. Forse potrebbero essere più consistenti. D’altra parte gli astronauti, con la missione Apollo 15, hanno già esplorato da vicino un’importante catena lunare, quella degli Appennini, e le montagne che vi hanno fotografato hanno tutte pendenze modeste. Questa impressione viene confermata da tutte le riprese e i filmati in 3D disponibili sui vari siti NASA delle zone esplorate, sia dall’uomo che da sonde automatiche.

Probabilmente, quindi, la conquista delle montagne della Luna somiglierà più ad un’impresa himalayana che ad una lunga scalata su roccia verticale. Un’impresa senza dubbio eccitante come mai nessuna prima, con l’ebbrezza, certo, della bassissima gravità, ma anche con la necessità assoluta di una tuta spaziale e di un respiratore, che dovranno entrare a far parte del corredo fisso dei mountaineer.

Gabriele Vanin

Gabriele Vanin

Presidente emerito dell'Unione Astrofili Italiani (in carica dal 1995 al 2000) e Presidente dell’Associazione Astronomica Feltrina Rheticus. Il suo campo di ricerca comprende principalmente le comete, le meteore, i quadranti solari, la storia dell’astronomia. Ha al suo attivo 450 pubblicazioni, fra cui 27 libri, alcuni dei quali tradotti anche negli Stati Uniti, Canada, Francia e Germania. Partecipa spesso a viaggi e safari per osservare e fotografare importanti fenomeni astronomici, come eclissi, aurore, piogge meteoriche, grandi comete. Attivo escursionista alpino, ha compiuto osservazioni astronomiche sulle più alte cime dolomitiche e delle Alpi occidentali, trasportando a spalla telescopi fin sulla cima.


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