Reportage

Cartolina dalla Val Gardena

A 150 anni dalla prima ascensione al Sassolungo e a 10 anni dal riconoscimento delle Dolomiti a patrimonio dell'Umanità, la guida alpina Gregor Demetz ci accompagna a scoprire la sua terra.

testo e foto di Giacomo Frison  / Venezia

12/10/2019
5,7 min
«Jack la vedi quella linea?»
«Credo di sì Greg!»
«Bene, se ti sposti un po’ più a destra dovresti notare quella colata nera.

Ecco, guarda dove c’è quella mezzaluna sulla placca più chiara… proprio lì accanto sale la via… l’ho aperta tanti anni fa, ma continuo ad esplorare queste pareti, mi diverto troppo a tracciare. Per questo ho sempre con me un binocolo nello zaino, studio, pianifico. Sai, la prima fase preparatoria di una salita è quella del sogno e sognare mi tiene giovane».
Con Gregor siamo legati ad un filo di naylon da un paio d’ore e tra un tiro e l’altro non ha mai smesso di parlare, mi racconta delle sue montagne. La Val Gardena è la sua casa, c’è nato, ci gioca, ci vive da sempre e la rispetta da più di 60 anni, tra gioie, dolori e piccole conquiste.
Il suo impegno più grande è quello di trasmettere agli altri tutto questo suo amore per il “mondo verticale”, per questo paesaggio incantevole che ha il privilegio di toccare, di graffiare, di accarezzare, di osservare e di respirare ogni giorno.

I catores, uccelli umili ma dal grande valore
Gregor è un uomo dal capello brizzolato, di media statura, sempre sorridente e positivo che porta sul volto il colorito sano della guida alpina. Osservo le sue mani muoversi con sicurezza sugli appigli che conosce a memoria, assomigliano a delle forti tenaglie e sembra danzare, tanta è la grazia con cui muove mani e piedi sulla roccia.
Gregor oltre ad essere guida alpina è maestro di sci e fa parte del soccorso alpino della Val Gardena. È un membro dello storico gruppo alpinistico dei Catores, tutti alpinisti di alto livello che hanno compiuto e compiono numerose ascensioni di estrema difficoltà, nelle Dolomiti e sulle più famose catene montuose dell’intero pianeta. Fin dagli anni ‘50 i Catores sono stati il punto di riferimento per l’organizzazione e la direzione dei soccorsi tra le montagne della Val Gardena, insieme ai soccorritori della Val di Fassa. Cator è il nome ladino della coturnice, un uccello che vive tra i ghiaioni e le creste ai margini superiori dei pascoli, sotto le grandi pareti. Si trova spesso appollaiato tra i mughi, dove si legano appunto le cordate di alpinisti prima di affrontare una via, ma è anche un volatile che simboleggia la rapidità di movimento, con un caratteristico volo veloce in picchiata come quello che contraddistingue le squadre del Soccorso Alpino quando si lanciano in una nuova emergenza senza tentennare. Un uccello umile, ma dal grande valore.

Vedi l’aconito napello? E’ tanto bello quanto velenoso
Al momento siamo sulle Cinque Dita nel Gruppo del Sassolungo, ci sono diverse cordate in parete, ma nel grande anfiteatro formato da torri e campaniletti di roccia c’è molta tranquillità. In lontananza sul Gruppo del Sella le nuvole minacciose coprono già il Piz Boè e questo significa che anche noi a breve dovremmo meditare una velocissima ritirata.
Gregor nell’avvicinarsi alla parete mi descrivere ogni fiore, ogni pianta, ogni muschio o lichene. Flora e fauna alpina mi hanno sempre affascinato, ma spesso per la fretta di portare a casa una vetta o raggiungere un obiettivo la mia conoscenza è limitata.
«Ecco, vedi, è l’arnica e quello invece è l’aconito napello. Questo fiore cresce d’estate nei pascoli di montagna, facendosi notare con il suo bel viola intenso, ma è tanto bello quanto velenoso. Mentre quello è l’epilobio, utile contro la prostatite e i problemi urinari e gastrointestinali». Il padre di Gregor era Karl Demetz, un naturalista che ha pubblicato una delle guide più complete sulla “Flora e fauna delle Dolomiti”, in tre lingue (ladino, tedesco e italiano) e come “figlio d’arte” anche Gregor mi incanta con le sue descrizioni. Cerco di seguire le sue mani e memorizzare quello che mi indica: i prati, i pascoli, i fiori… «Adesso li senti i campanacci? La gente non è più capace di ascoltare…»

Centocinquanta anni fa Paul Grohmann
fu il primo a salire il Sassolungo
Il rispetto è un fattore importantissimo in montagna, a partire dai sentieri, nel seguire la traccia senza crearne di nuove, altrimenti l’acqua si infila dentro ed erode i versanti. Gregor crede in un turismo più sostenibile per la sua Val Gardena, dove tutti dovrebbero usufruire di bus ecologici per un minore impatto sull’ambiente, le auto dovrebbero restare a valle parcheggiate negli hotel e le motociclette limitate o addirittura vietate. La montagna è silenzio, non rumore assordante e molesto.
Riposte corde e ferramenta nello zaino stiamo adesso camminando alla base del Sassolungo (3181 m), una montagna simbolo, quasi sacra per gli altoatesini che quest’anno festeggiano i 150 anni dalla prima salita. Reinhold Messner in onore di questo anniversario vi ha dedicato anche un film documentario. Il 13 agosto 1869 il naturalista e scalatore viennese Paul Grohmann, accompagnato da due guide locali Franz Innerkofler e Peter Salcher, riuscì a raggiungere per primo la cima, fu un’impresa epocale. I tre furono così straordinari che alcuni giorni dopo avrebbero realizzato anche la prima ascensione della Cima Grande di Lavaredo. Questi due avvenimenti hanno sicuramente dato un contributo decisivo alla nascita del turismo in queste stupende valli.

Cerco i volti che si nascondono nelle pieghe del paesaggio
Mi faccio trasportare dai racconti di Gregor, anche se la mia mente è ferma al turismo di massa che segna inevitabilmente queste montagne e non posso non pensare alla mia città. Sono nato e vivo a Venezia, una splendida “città cartolina”, ahimè zeppa di stereotipi per chi viene a visitarla, i milioni di turisti cercano le gondole, il Ponte di Rialto e soprattutto Piazza San Marco. E tutto il resto non esiste.
Fin da piccolo ho frequentate le Dolomiti e inviare le cartoline ai parenti e amici è sempre stato un rito. Mia mamma tirava fuori l’agendina con gli indirizzi ed io con mio fratello facevamo a gara per leccare i francobolli e a correre alla buca delle lettere.
Da dieci anni le Dolomiti sono state diventate Patrimonio dell’UNESCO e non hanno bisogno di presentazioni. Sono conosciute in tutto il mondo e i social network hanno solo amplificato l’eco delle vecchie cartoline. Forse è aumentato il turismo in alcune aree, forse la consapevolezza di alcuni visitatori, ma quello che a me interessa veramente di un luogo è cercare i volti che si nascondono dietro ogni montagna, tra le pieghe del paesaggio. In questi giorni ho scoperto Gregor, un esempio di semplicità.

Devo tornare a trovarlo
Ogni montagna, ogni valle, ogni bosco ha le sue fiabe e le sue leggende. Qui ho raccontato una breve storia che parla di una persona che rispetta la propria casa, la culla verde in cui è nato. Gregor con i suoi racconti mi ha lasciato come se fossi davanti ad una fetta di un buonissimo dolce, ma senza avere il tempo per mangiarla. Mi ha fatto godere dei profumi della sua valle, mi ha aperto gli occhi verso alcune bellezze di questo angolo di Dolomiti e sarei rimasto ad ascoltarlo per giornate intere, appeso in parete o a passeggiare nei prati. Devo tornare a trovarlo.
Quando gli ho chiesto se potevo parlare di lui in un racconto che avrei scritto, senza scomporsi troppo mi ha risposto: «Da noi un anziano diceva, che parlino bene o male di te non importa, basta che ne parlino!»
Grazie Gregor, a presto per una nuova avventura, per un tagliere di speck e formaggio e una Hefe-Limo.
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www.suedtirol.info

Giacomo Frison

Giacomo Frison

Sono nato a Venezia nel 1987. Mi sono appassionato alla montagna grazie agli insegnamenti di mio papà e successivamente negli anni la distanza tra la laguna e le montagne è venuta sempre meno. Sono fotografo e il mio lavoro è principalmente ispirato dal rapporto tra uomo e natura che mi ha portato all'avventura e alla scoperta. Le mie passioni sono combinate in un progetto chiamato ALTRIPIANI, che fonde fotografia, alpinismo, ricerca culturale e antropologica delle zone montane più remote. Sono convinto che una buona storia abbia bisogno di buone foto, ma anche di un buon racconto scritto.


Il mio blog | Altripiani nasce da un gioco di parole. Il progetto è infatti un continuo attraversamento di altipiani e spesso lungo la strada i piani di viaggio si modificano in continuazione, trasformando l’itinerario inizialmente abbozzato. Una continua ricerca dell’altro nell’altrove, per incontrare e indagare sulle diversità tra le culture e le religioni dei Paesi attraversati, tra le tradizioni e le generazioni delle comunità più isolate sulle montagne, evitando i luoghi comuni per cercare quelli d’incontro e di dialogo. Viaggiamo per catene montuose percorrendo un sentiero in continua evoluzione a mente aperta e con una tenda sulle spalle.
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