Racconto

#35 • Le colonne del cielo

"Solo loro, gli uomini, possono fare qualcosa, disse il vecchissimo genio, aprendo il suo occhio che sapeva scrutare nel passato e nel presente, ma non capiscono, non vogliono capire."

testo di Paola Favero  / Pove del Grappa (VI)

Pianto d'albero (ph. Paolo Spigariol)
29/12/2019
4 min
informazioni
Un anno era passato da quel terribile giorno di fine ottobre che aveva visto milioni di alberi cadere, sradicati o spezzati dalla furia di un vento mai conosciuto prima.

In quelle poche ore molti boschi che erano cresciuti in equilibrio ed armonia con l’ambiente attorno, come avevano loro insegnato milioni di anni di evoluzione, erano caduti, attraversati da una violenza sconosciuta a cui non avevano saputo resistere.

Poi era tornato l’inverno e la neve era caduta, bianca e soffice, a coprire come un sudario quelle distese di alberi morti e feriti, come se quella soffice coltre potesse in qualche modo rendere meno greve il loro destino. La primavera era trascorsa senza farsi sentire, con un maggio freddo e piovoso, e l’estate aveva restituito a chi passava per quelle valli un paesaggio stravolto e desolante, mentre nei boschi distrutti iniziava l’opera di recupero del legname caduto, con motoseghe, cingolati, camion, ruspe, hardvester.

Di nuovo le foglie dei larici erano ingiallite, di nuovo le piogge autunnali erano arrivate, ed anche la neve, questa volta molto in anticipo. Fu allora, dopo la nevicata di novembre, che aveva improvvisamente coperto di bianco silenzio ogni cosa, che il vecchissimo genio degli alberi parlò. Non disse molto, ma raccontò ai suoi fratelli quello che sapeva, di come il mondo stava cambiando, di come l’uomo aveva modificato il clima del pianeta, e ancora di come bisognava prepararsi: sarebbe successo ancora, e in tempi troppo veloci per il ritmo lento e armonioso che aveva da sempre contraddistinto il tempo degli alberi. Tutti lo ascoltarono sorpresi e a qualcuno venne da piangere qualche goccia di resina, vedendo che la situazione era davvero brutta… forse non c’era più nulla da fare?

«Solo loro, gli uomini, possono fare qualcosa» disse il vecchissimo genio, aprendo il suo occhio che sapeva scrutare nel passato e nel presente, «ma non capiscono, non vogliono capire. Accecati dalla loro sete di potere hanno dimenticato la cosa più importante, che i loro piedi camminano su questa stessa Terra dove noi affondiamo le nostre radici. Solo se ritroveranno il loro cuore di albero forse potranno ancora salvarsi.»

«Radici? ma non vedi come sono le nostre? Divelte od ormai morte con tutte le loro parti più fragili all’aria: un mondo sottosopra, un altro mondo. E che ne sarà dei vermi, degli insetti dei funghi che abitavano quel terreno? E loro, i “tuoi” uomini, pensano che l’intero ecosistema del bosco si possa ricostruire così, come fanno con le loro strade e le loro case» fece eco un altro genio piuttosto accigliato, guardando attorno con il suo grande occhio.

L'occhio del vecchissimo genio degli alberi (ph. Paolo Spigariol)

«E’ vero, ormai tanto è stato distrutto, ma non tutto. Forse qualcosa si può ancora fare. Ho preparato una lettera, che ripercorre la storia stessa dell’uomo sulla Terra, da quando trovava cibo e rifugio tra i nostri rami a quando usava il nostro legno per scaldarsi, e poi per costruire le sue case, i suoi rifugi, le sue città, e per fare i ponti, le navi, i carri, tutti i mezzi di trasporto e gli attrezzi agricoli, ed usava i nostri frutti per mangiare ed ancora per curarsi da molte malattie». Riprese il vecchissimo genio, senza dargli corda.

«E non scordare che con il nostro legno hanno anche costruito quei meravigliosi strumenti musicali, e da noi hanno ricavato la carta per scrivere romanzi e poi poesie…”si intromise un terzo genio” se ne sono forse dimenticati?»

«Temo di sì» riprese il primo vecchissimo genio, «ma forse qualcuno di loro riesce ancora a ricordare. Ieri è passato di qui un ragazzino e, pensate, mi ha accarezzato la corteccia e si è messo a piangere. Poi si è seduto, appoggiando la schiena sul mio tronco spezzato, e mi ha confidato che suo nonno ogni sera gli racconta di alberi e boschi e così… così ho deciso di dirlo a lui. Tutto questo, questa immane devastazione, è il nostro estremo messaggio, un ultimo messaggio d’amore per quel l’uomo con cui abbiamo condiviso un piccolo tratto della nostra esistenza sulla Terra, e a cui un po’ ci siamo affezionati, nonostante la sua prepotenza, ignoranza e superficialità. Sì, perché tra gli uomini c’erano anche i poeti che scrivevano sotto le nostre fronde, i bambini che giocavano all’ombra dei rami, i boscaioli che ci tagliavano ma sempre con rispetto, gli scultori che dal nostro legno hanno ricavato opere meravigliose, i forestali che gestivano e conservavano le nostre foreste. Ho scritto tutto e gli ho anche ricordato quello che dicevano i suoi antenati dell’antico popolo Siux: gli alberi sono le colonne del cielo, se loro cadranno anche il cielo cadrà sopra di noi.

Quel ragazzino mi ha ascoltato a lungo, senza parlare, ma sentivo il suo calore mescolarsi al mio, e so che lui farà di tutto perché anche altri ritrovino i legami perduti. Sono stato chiaro, e prima di salutarlo gli ho detto che non c’è tempo da perdere, se cadono gli alberi, i giganti del bosco, che da sempre hanno protetto l’uomo e la sua vita, voi non potrete che condividerne il destino. Fate allora che questa terribile tempesta non sia stata invano e ritrovate il vostro cuore d’albero. Allora anche questa devastazione sarà servita a qualcosa e ci sarà ancora una piccola speranza per questa nostra Terra.»

Radici (ph. Paolo Spigariol)

Questa storia partecipa al Blogger Contest 2019. Fai sapere all’autore cosa pensi della sua storia, scrivi qui sotto il tuo commento.

Paola Favero

Paola Favero

La mia vita è intessuta di montagne, che amo percorrere sia esplorando luoghi nuovi che ritornando in quelli da sempre amati. Mi piace entrarci dentro, nella loro natura ma anche nella loro storia, nelle leggende e nei miti, nel loro incanto e nella loro bellezza. Ho sempre lavorato in montagna come forestale, ed oggi continuo a farlo come scrittrice e divulgatrice. Penso sia necessario, per chi le frequenta e le ama, impegnarsi oggi nella loro difesa, perché la crisi ecologica e culturale che stiamo vivendo le sta travolgendo.


Il mio blog | Non ho un blog/pagina digitale, eleggo altitudini.it come la mia rivista digitale. In Altitudini trovo molto bello raccontare e leggere di montagna sotto tutti i punti di vista, intrecciando storie ed esperienze.
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